“Buen camino” visto in una sala di provincia: Fabrizio Tassi su Zalone e i 35 anni del cinema Nuovo di Magenta

Si festeggia nel marzo 2026

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Vedere un film non è mai solo vedere un film. È un’esperienza che nasce dal luogo, dal pubblico, dalla storia che quella sala porta con sé. Parte da qui la riflessione del critico cinematografico Fabrizio Tassi, che ha raccontato sui social la visione di Buen camino in una “sala di provincia”, il Cinemateatro Nuovo di Magenta, uno spazio che da decenni rappresenta molto più di un semplice schermo.

Una Sala della Comunità “libera e bella”, come la definisce Tassi, dotata di tecnologie sempre aggiornate grazie a un modello virtuoso che reinveste gli incassi nel miglioramento della struttura. Un luogo dove negli anni sono passati registi come Gianni Amelio, Michelangelo Frammartino ed Eugène Green, e dove il pubblico ha potuto dialogare con personalità come Pif, Pippo Delbono, Roberto Andò e Alain Cavalier. Una sala capace di riempirsi anche per proiezioni di Béla Tarr, grazie a decenni di programmazioni intelligenti, cineforum settimanali, rassegne teatrali, corsi ed eventi che hanno costruito una vera comunità di spettatori.

È da questo contesto che nasce lo sguardo su Buen camino. Un film che, dal punto di vista strettamente cinematografico, non stimola grandi considerazioni critiche. «Di cinema ce n’è pochissimo», ammette Tassi, elencandone senza sconti i limiti: un approccio all’immagine “da turismo proloco”, una sceneggiatura fragile, un moralismo di superficie, un sentimentalismo che non scava in profondità.

Eppure, la sala era piena. Piena di persone che parlavano del film prima ancora che iniziasse, che ridevano dall’inizio alla fine, che si commuovevano, che applaudivano al termine della proiezione e perfino alla canzone extra. Un pubblico vivo, partecipe, coinvolto.

Nel mirino della riflessione non c’è solo il film, ma il dibattito che da anni attraversa il cinema italiano: quello tra “cinema d’autore” e “cinema popolare”, tra chi giudica tutto con lo stesso metro accademico e chi si scandalizza per l’occupazione delle sale nei giorni di festa. C’è chi vorrebbe che Checco Zalone usasse la sua intelligenza e il suo potere produttivo per abbattere stereotipi e luoghi comuni, andando oltre il rassicurante “vogliamoci bene”. E c’è chi vede comunque un passo avanti rispetto a un passato dominato da altri modelli di comicità nazionalpopolare.

Tassi confessa di essere entrato in sala pronto a indignarsi, aspettandosi battute cretine e “brutto cinema” costruito solo sui numeri del botteghino. Ne è uscito invece divertito e persino intenerito, colpito da una sincerità che emerge proprio nell’ingenuità dichiarata del film, e da tempi comici che molti autori possono solo invidiare.

Ma il punto, alla fine, è un altro. Il 12 marzo 2026 il Cinemateatro Nuovo di Magenta festeggerà 35 anni di vita, proiettando le scene finali di tanti grandi film visti e amati insieme, nei fine settimana e nelle serate del FilmForum. Una storia resa possibile anche dagli incassi dei film più popolari.

Ed è qui che Tassi ribalta la prospettiva: non è il cinema d’autore a essere schiacciato dal cinema commerciale, ma sono le sale, le comunità, i presìdi culturali a usare anche quei film per continuare a esistere.
«Siamo noi che usiamo lui», conclude.

Una riflessione che va oltre Buen camino e oltre Checco Zalone, e che parla del senso profondo del cinema come esperienza collettiva, soprattutto oggi, nelle sale che resistono lontano dai riflettori delle grandi città.

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