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Dall'archivio:

A spasso per voi- Frida Kahlo, oltre il mito, di Federica Goi

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Come è successo per Che Guevara o Andy Warhol capita spesso che la vita vissuta da certi personaggi assuma forme di gesta memorabili prima e si confonda con una tradizione popolare poi, contribuendo alla creazione della leggenda. Certe figure sono destinate a diventare dei miti generazionali, ma siamo certi che un volto immortale significhi anche il tramandarsi del lascito di personalità di un certo calibro e che invece la loro memoria non venga offuscata dall’immagine popolare?

Come per la mostra “Che Guevara Tú y Todos” ospitata alla Fabbrica del Vapore, la città di Milano si propone questa volta di analizzare la dimensione artistica della pittrice messicana Frida Kahlo, le cui opere sono state in passato messe in ombra da una lettura delle stesse legata alla vita tormentata dell’artista.

Al Mudec -Museo delle Culture di Milano- per la prima volta dopo 15 anni vengono esposte tutte le opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection, le due più importanti e ampie collezioni di Frida Kahlo al mondo, oltre ad altre opere prestate da diversi musei internazionali. Oltre ai quadri, la mostra vanta anche l’esposizione di un nutrito numero di fotografie e lettere personali dell’artista, che sono state reperite grazie alla caduta dei sigilli dallo spogliatoio e dal bagno di Casa Azul, dove la Kahlo visse con l’amato/odiato Diego Rivera, che fu chiusa per 50 anni dopo la morte della pittrice nel 1954.

Questa esposizione, forse la più attesa di quest’anno all’ombra della Madonnina, ha totalizzato 4.000 visitatori nel primo giorno di apertura e ben 11mila nei successivi quattro, mentre si sono fatte sempre più insistenti i richiami al personaggio della Kahlo anche sulle passerelle milanesi della settimana della moda in questo febbraio: tra tutti gli stilisti Dolce&Gabbana.

È infatti innegabile che la gente sia attratta tanto dal personaggio “Frida” con i suoi vestiti colorati, i suoi onnipresenti baffetti e monociglio, quanto dalla sua storia di vita sfortunata a causa di un corpo sfigurato dalla poliomelite e da un incidente in tram che la rese schiava del dolore per l’intera esistenza, o ancora dalle vicende sentimentali legate a Diego Rivera, suo mentore, suo amore e sua “disgrazia”. Eppure entrando nelle stanze di questa mostra occorre abbandonare quello che conosciamo su di lei, e rinnovare la nostra prospettiva, per scoprire nuove chiavi di lettura dei suoi quadri che non siano necessariamente legati alla sua vita personale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Attraverseremo un percorso che esplorerà 4 tematiche presenti nell’arte di Frida Kahlo: la donna, la natura, la politica ed il dolore. Nella prima sala, possiamo ammirare molti degli autoritratti di Frida, pezzo forte della sua produzione: la pittrice si rappresenta senza filtri, facendo del suo corpo fragile e della ricerca del suo io il vero manifesto della propria linea artistica. Nella seconda stanza, possiamo esplorare invece il profondo rapporto che la pittrice aveva con la natura, che vede come inizio e fine di tutte le cose. La flora e la fauna avranno sempre un posto importante nei quadri della Kahlo nonché un’importante valenza simbolica: lo si può vedere nel quadro Autoritratto con treccia del 1941, dipinto dopo il secondo matrimonio con Rivera, dove la pittrice si rappresenta nuda coperta da foglie di acanto, pianta simbolo dell’eternità, oppure in Autoritratto con scimmie dove vediamo Frida attorniata da piccoli primati che in Messico rappresentano sia la morte sia il clown, cioè un simbolo di vitalità e di protezione contro la solitudine. Entrando nella terza stanza, quella dedicata alla politica si fa sempre più forte la presenza di un altro tema caro a Frida, l’orgoglio per le sue origini messicane. Questo filone viene consacrato non solo dalla scelta dell’artista di vestire sempre costumi e abiti tradizionali ma anche dal richiamo ancora una volta fortemente simbolico di alcuni elementi legati alla cultura precolombiana presenti nei quadri esposti. Uno su tutti in questa sezione è Autoritratto alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, dipinto nel 1932, che l’autrice dipinse nel suo soggiorno negli USA con Diego Rivera: la figura della Kahlo funge da linea di demarcazione tra l’industria e il progresso statunitense e il Messico, con le sue tradizioni millenarie, ben rappresentate in un idolo precolombiano rotto.

I quadri dell’ultima stanza vogliono invece renderci partecipi di un’ultima tematica importante della vita di Frida, il dolore. Per dolore non si intende solo la sofferenza fisica da lei rappresentata con una crudezza quasi palpabile in quadri come La colonna rotta del 1944, dove vediamo addirittura dentro il corpo della pittrice la sua colonna vertebrale, martoriata da più di 30 operazioni chirurgiche, ma anche la sofferenza del cuore, a causa dei numerosi tradimenti di Diego Rivera, che la Kahlo amava in maniera religiosa, e degli aborti che divennero per lei una vera ossessione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se siete interessati a visitare questa mostra io vi consiglio di farlo due volte: la prima con una guida che vi introduca al mondo di Frida e che vi sappia spiegare la complessità delle sue opere, che nessuno storico dell’arte è riuscito ad etichettare come appartenenti ad un movimento particolare. La seconda invece, solo per godere con calma dei suoi dipinti, dei colori, della crudezza e anche la violenza nel rappresentare i suoi sentimenti e le vicissitudini che l’hanno resa immortale. Solo capendo chi era l’artista davvero, si può comprendere il perché oggi la si possa considerare un mito, e non il percorso contrario.

La mostra sarà aperta fino al 3 giugno Per informazioni su orari e biglietti, consultare il sito: http://www.mudec.it/ita/frida/.  Vi siete appassionati a Frida? Vi segnalo che il 16 giugno a Londra al V&A Museum aprirà una seconda retrospettiva sull’artista Frida Kahlo: Making herself up. Potrebbe essere una buona scusa per volare nella capitale Britannica!

Federica Goi

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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