L’azienda di Lainate (MI) rivoluziona il mondo dell’imballaggio con una tecnologia di embossing a registro che permette di realizzare Braille nonché loghi e scritte in rilievo su materiale flessibile. La novità ha vinto il Prestige Award e l’European Excellence Award 2025 come innovazione dell’anno. Il CEO Giovanni Luca Arici (nella foto): «Con il nostro nuovo procedimento ogni confezione può diventare premium e anche accessibile alle persone non vedenti. Il potenziale di mercato è altissimo, abbiamo raccolto consensi da tutto il mondo»
Una tecnologia tutta ideata e sviluppata in Italia, per la precisione a Lainate (MI) si prepara a rivoluzionare il settore del packaging, permettendo un concreto passo avanti sulla strada dell’inclusione. È un altro frutto della creatività e della competenza di Rotoprint Sovrastampa, da 48 anni punto di riferimento per la sovrastampa di imballaggi (un procedimento che pochissime aziende eseguono e che permette di riutilizzare tonnellate di materiale altrimenti destinato alla discarica).
La novità messa a punto nel 2025 da Gian Carlo Arici, fondatore di Rotoprint, e da suo figlio Giovanni Luca, CEO della società, è una tecnologia unica al mondo per la sovrastampa a registro, su materiali flessibili, di loghi e scritte in rilievo, compreso l’alfabeto Braille. Il procedimento ha già ottenuto il brevetto negli Stati Uniti (per il brevetto internazionale la richiesta è al vaglio), ha suscitato amplissimo interesse nelle fiere ed è valso a Rotoprint già due importanti riconoscimenti: il Prestige Award (sigillo di qualità dedicato all’eccellenza di piccole e medie imprese in vari settori) e l’EEA – European Excellence Award (nella categoria “Innovazione dell’anno”).
La portata dell’invenzione di Rotoprint è ben sintetizzata dalle parole di Giovanni Luca Arici: «La nostra tecnologia rappresenta una novità assoluta perché nessun altro è in grado di realizzare l’embossing, o goffratura (cioè la stampa a sbalzo, in rilievo), a registro, su materiali flessibili, in maniera integrata nel flusso produttivo. L’esempio più facile da capire è il Braille, l’alfabeto tattile utilizzato dalle persone non vedenti: lo vediamo stampato praticamente solo sulle confezioni dei farmaci, dove è obbligatorio per legge, ma in quel caso si tratta di fustelle di cartone. Finora, invece, era praticamente impossibile portare il Braille sul packaging di tipo flessibile largamente impiegato per ogni sorta di confezione».
Fino a oggi l’idea di usare il Braille su altri tipi di imballaggio, come quelli alimentari, si scontrava dunque con un limite tecnico, ma l’innovazione di Rotoprint riapre i giochi, con effetti concreti in termini di inclusione, sicurezza e qualità della vita per le persone con disabilità visive. «La Cina è uno dei Paesi più avanzati in questo senso e sta valutando di rendere obbligatorio il Braille sulle confezioni alimentari – fa notare GiovanniLuca Arici –. Se questo accadesse si aprirebbe per noi un mercato enorme: già alcune aziende cinesi ci hanno comunicato il loro interesse».
Oltre al tema dell’accessibilità, ce n’è anche uno legato all’estetica delle confezioni, che non è meno importante per il settore packaging: con il metodo brevettato di Rotoprint si schiudono anche possibilità nuove per il design, con loghi e scritte in rilievo di grande impatto, perfetti per valorizzare e differenziare il brand. «Un packaging non solo da vedere, ma che si fa anche sentire» chiosa Arici.
Questo colpo da maestro della Rotoprint, che negli ultimi mesi ha suscitato grande ammirazione nelle fiere di settore (inclusa l’importante Pack Expo di Las Vegas, dove esclusività dell’applicazione ha suscitato l’interesse di Converters internazionali provenienti da India, Cina, Messico, USA, Canada, Corea, Turchia…), si inserisce nella lunga storia di innovazione di questa azienda, nata nel 1978, che nel settore viene definita “il pronto soccorso del packaging” per la sua tecnica brevettata di sovrastampa che permette di recuperare materiale “sbagliato” (per via di errori di stampa, informazioni non corrette o non aggiornate, eccetera) che sarebbe altrimenti da buttare.
«In quasi cinquant’anni – spiega GiovanniLuca Arici – abbiamo sovrastampato più di 1 milione di km di imballaggi, contribuendo all’abbattimento della produzione di CO2 perché la sovrastampa evita sia la generazione di rifiuti, sia l’impiego di energia per la realizzazione di nuovi packaging».


















