Mi addentrerò in alcuni dei film visti in questi giorni…
BOG NECE POMOCI, regia di Hana Jusic, Italia, Romania, Grecia, Francia, Slovenia, 2025. 137′.
CONCORSO INTERNAZIONALE.
Il film si apre su di uno scenario fosco e desolato, con scarsa illuminazione e che perdura per tutto il film; rispecchiando probabilmente lo stato d’animo dei pochi abitanti di questa landa brulla e sperduta.
“Io sono la donna di Mark, e Mark è morto. Morto, capisci? Morto, morto. Lui è bruciato”, comunica la protagonista ad un’amica che condivide la sua stessa esistenza povera di mezzi fondamentali. Il suo tono è deciso ed enigmatico, ma insolitamente privo di evidente disperazione.
La donna pare vivere un dramma personale che la isola dalla realtà.
La sua ricerca intima e più urgente, pare essere un contatto con la fede, che coltiva con intensità.
All’inizio vediamo solo 3 persone, in questo luogo che da Dio pare assolutamente dimenticato, abitato da persone che sembrano non immaginare il mondo al di fuori del recinto di una povera abitazione in pietra.
Ma quali segreti si celano, in un mondo apparentemente ripetitivo e senza scossoni?
Ci sarà il momento di riunirsi, lei e l’amica fidata, al resto di una esigua comunità, dove tutti sembrano, forse per mantenere un equilibrio interno, sentirsi costretti a dimostrare il rispetto dei dogmi religiosi.
Le due donne appaiono le abitanti con la relazione più autentica, basata su diversi piani di linguaggio e comunicazione, non fatta solo di parole, ma di sguardi nei quali riconoscersi e cercare un senso di sicurezza, l’una nell’altra.
Fa un’apparizione per pochi istanti, una storia raccontata grazie ai ricami su di un papiro di stoffa, dove vengono districati legami famigliari, interazioni e vicende… Tra questi frammenti, uno che racconta di donne libere, che non sembrano influenzate da alcun concetto di peccato.
Racconti che ci fanno pensare ciò non sia compatibile con la severità di una fede religiosa…
In realtà, è prossimo a questo punto un colpo di scena e un mutamento imprevedibile di scenari e vicende.
Capiremo solo all’ultimo il senso nascosto del tanto declamare all’inizio della storia, la morte di questo misterioso Mark…
Una cosa è certa, alla fine del film: due donne hanno compreso definitivamente come gli uomini siano fragili e deludenti, ed incapaci di offrire calore e protezione.
Spesso legati al valore simbolico di quel membro, usato per affermare una supremazia maschile.
Ma sopra di loro il cielo è meraviglioso e non lo avevano mai notato prima, e ha il potere di farle sentire ormai trasformate e libere…
PIAZZA GRANDE
LE PAYS D’ARTO, regia di Tamara Stepanyan
Francia, Armenia, 2025, 104′
PRIMA MONDIALE
Ci immergiamo in un panorama sperduto nel verde selvaggio, e nelle tradizioni armene, mentre la narrazione del film si apre su di un lungo momento in una questura, dove una donna, con il certificato di nascita del marito, non riesce a farsi rilasciare alcune informazioni: il defunto compagno di una vita pare non essere mai esistito.
Ma per la protagonista, una donna parigina il cui marito si è tolto la vita, l’unica via è scavare, grazie alle origini dell’uomo, per individuare le motivazioni del suo gesto.
Lei amava l’uomo e ama profondamente questo Paese difficile, in difficoltà, ferito, dove l’autodifesa sembra ormai l’unica cosa che conti, e non si perde d’animo in mezzo ad un popolo così diverso ma più vicino al suo cuore che mai.
Qualche volta ha dei timori, perché il suo incosciente coraggio, la porta ad addentarsi anche da sola nell’entroterra, incrociando a volte uomini con i quali non è certo cosa potrebbe succedere, ma poi va sempre bene.
Una giovane cugina del marito l’accompagnerà nel luogo sacro della sua anonima sepoltura.
Una giovane in gamba, forte, in conflitto a sua volta se dare figli o meno, ad una stirpe perennemente in lotta.
Trattasi di una storia che svelerà tutti i suoi incredibili segreti alla fine, svelando come la persona che la donna pensava di aver sposato, fosse in realtà molto diversa, quasi sconosciuta… Sperando di non avere l’impressione che le persone che non sono più con noi, siano diventate sogni, illusioni, come non fossero mai esistite. Miti.
PIAZZA GRANDE
THE DEAD OF WINTER, regia di Brian Kirk
USA, Germania, 2025, 97′
PRIMA MONDIALE
“Quel che ci capita non è mai privo di importanza”, è il messaggio che la protagonista trasmette alla giovane la cui vita sta cercando di salvare.
La vita e le sue asperità, non l’hanno indurita, non l’hanno mai resa egoista o indifferente; al contrario, è diventata una creatura piena di amore per il prossimo.
Ed il suo prossimo in questo momento, è una giovane che aveva cercato di togliersi la vita più volte.
Una giovane per questo motivo presa di mira da un’altra donna, che invece la vita la perderà presto, contrariamente al proprio volere, a causa di un cancro terminale.
Un film sorprendente, serrato, con sfumature thriller e pieno dell’azione delle migliori pellicole del genere.
Possiamo vedere una Thompson non solo bellissima, ma ancora in forma ed atletica.
Uno è il senso ultimo di questa trama: l’importanza di mantenere le promesse.
Ma tutto il lungometraggio ruota intorno alla vita ed alla morte in varie forme, e ciascun personaggio avrà la propria sfumatura.
Il ghiaccio ed il fuoco, nell’acceso finale, rappresenteranno ….
Per quella che diventerà per , la figlia mai avuta e persa, la figlia da rimettere al mondo con tutta l’anima, la figlia della quale conoscere ed incidersi dentro il nome, soprattutto quando capisce che ce l’ha fatta: ha lottato per vivere.
La decisione sarà istantanea e commovente, dove il senso è far trionfare quel bene dentro ognuno di noi.
MARE’S NEST, regia di Ben Rivers
United Kingdom, Francia, Canada, 2025, 98′
PRIMA MONDIALE
CONCORSO INTERNAZIONALE
Un mondo tribale è abitato solo da bambini, i quali hanno costruito una comunità con le proprie regole, nella quale cercano di sopravvivere.
Per loro il rito è il modo di dare un senso alle tappe della vita.
Ma gli adulti dove sono finiti?
Pare siano morti tutti, come nell’Olocausto di chi ha perso tutti i sogni.
Pietrificati forse dalle proprie paure, in una specie di località sottoterra, dalle venature funebri e commemorative.
I loro corpi si sono conservati, uniti in abbracci o disperazioni, come fossero stati colti all’improvviso, in una sconosciuta Pompei.
Mantenere la propria identità non è cosa semplice, ed i giovanissimi abitanti di questo mondo quasi post-atomico, lo fanno indagando mente, intelletto e spirito: la loro intelligenza sembra dilatarsi dove è rimasta priva di insegnamenti ed esperienza.
Il periodo? Nessuno lo sa, pare tutto sospeso e senza tempo.
Qualcuno sarà scelto a rappresentante del cattivo, del lato oscuro, e sarà abbandonato nel labirinto dei propri demoni interiori…
Ma il mondo è rotondo…
PIAZZA GRANDE
TESTA O CROCE?, regia di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis.
Italia, USA, 2025. 116′
PRIMA SVIZZERA
Una storia spiccatamente di emancipazione femminile, e di guerra alle discriminazioni sociali.
La protagonista diventa più dura di un uomo, e dopo che quello che pensava essere il suo salvatore, è stato ucciso, decide che mai più vorrà essere salvata.
Anche qui uomini fragili, finti come impersonificatori di quei valori e di quei ruoli, che si crede un uomo debba rivestire.
La protagonista è il vento di libertà e cambiamento, colei che non rispettando le regole, porta all’innovazione in modo imprevisto.
Buffalo Bill, con la sua enfasi, altro non è che attore per sempre, anche nella vita reale.
Ma non soffre di idolatria, è una giovane forte e realista.
La storia ci mostra anche come forse un po’ tutti usiamo qualcuno, a volte inconsapevolmente.
Sono riconoscibili altre citazioni letterarie e cinematografiche; ma soprattutto, la narrazione, in un lungometraggio dalla bellissima fotografia, vediamo sorgere la capacità di crescere ed accettare l’addio.
L’amore era solo il contorno della sua vicenda umana.
Comprendiamo che alcuni diventeranno persone, altri, restano per sempre personaggi.
Monica Mazzei
Freelance culturale per
TicinoNotizie