Delitto Garlasco, l’amara disamina del ministro Nordio: “Comunque finisca, finirà male”

L'intervento a Quarto Grado

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“Comunque finisca, finirà male”. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito, con amara lucidità, il lungo e controverso iter giudiziario del caso Garlasco, durante un intervento nel programma Quarto Grado, andato in onda ieri sera su Retequattro.

Il riferimento è alla complessa vicenda giudiziaria che ha visto, in fasi diverse, due uomini indagati per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nell’agosto 2007: Alberto Stasi, inizialmente assolto e poi condannato in via definitiva, e ora una nuova persona iscritta nel registro degli indagati.

“O è giusta la condanna, seppure inflitta dopo due assoluzioni, del precedente imputato, e allora l’indagato di oggi sta soffrendo pene indescrivibili – ha detto Nordio – comprese pesanti compromissioni finanziarie e un tracollo psicologico. Oppure è vero il contrario, e allora chi è in prigione da dieci anni da innocente ha subito un’ingiustizia gravissima. O peggio ancora, se fossero innocenti entrambi, saremmo davanti a un doppio errore giudiziario”.

Parole pesanti, che non riguardano solo la vicenda di Garlasco ma che pongono l’accento su un problema strutturale: il sistema investigativo e la gestione delle indagini.

“Questo dimostra che il sistema di fare indagini va riveduto. Oggi la polizia giudiziaria è diretta dal pubblico ministero, che però non sempre è sufficientemente preparato o attento alle caratteristiche specifiche di ogni inchiesta”, ha aggiunto il ministro.

Le dichiarazioni di Nordio confermano la sua linea di pensiero riformatrice: già in passato, il Guardasigilli aveva sottolineato la necessità di un ripensamento dell’assetto investigativo, affinché le indagini siano condotte con maggiore equilibrio, competenza e garanzie per tutte le parti coinvolte.

Un’uscita, quella di Nordio, che riapre il dibattito sulla qualità della giustizia italiana, sulla formazione dei magistrati inquirenti e sulla necessità di evitare i processi infiniti, spesso segnati da errori, dietro cui si consumano vite, reputazioni e fiducia nelle istituzioni.

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