Il gruppo Giorgio Armani registra un rallentamento nel 2024, con ricavi e utili in discesa per le sue due controllate chiave: G.A. Operations e Giorgio Armani Retail. A riportarlo è il Corriere della Sera, che ha analizzato i bilanci già depositati in attesa dei risultati consolidati della capogruppo Giorgio Armani Spa.
La G.A. Operations, considerata la “fabbrica” del gruppo, ha chiuso il 2024 con un calo del 13% nei ricavi, scesi a 765 milioni di euro contro gli 883 dell’anno precedente, e un utile netto in flessione del 42%, pari a 59,7 milioni. Nonostante ciò, la società ha deliberato un dividendo di 85 milioni a favore della capogruppo, attingendo per 26,5 milioni dalla riserva straordinaria.
Anche Giorgio Armani Retail, che gestisce la rete di negozi in Europa, ha segnato una contrazione: i ricavi sono scesi da 399 a 366 milioni, mentre l’utile netto si è ridotto a 0,7 milioni rispetto ai 3,5 del 2023. Un rallentamento che, secondo gli amministratori, è dovuto a una flessione nelle vendite della collezione Autunno/Inverno 2024 e a ritardi nelle consegne della collezione Primavera/Estate 2025, parzialmente compensati dalle vendite destinate agli outlet.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, la G.A. Operations – che realizza le collezioni di abbigliamento, calzature, accessori e intimo per i marchi Giorgio Armani, Emporio Armani, EA7 e A|X – rappresenta il cuore produttivo del gruppo, con dieci siti in Italia e una rete di confezionisti esterni. Il 99% dei prodotti è ceduto direttamente alla capogruppo, che poi ne cura la distribuzione a livello globale.
Il margine operativo lordo (EBITDA) si è attestato a 85 milioni, in calo del 41% rispetto al 2023, anche a causa degli effetti sfavorevoli del cambio euro/dollaro. Tuttavia, come evidenziato nella relazione gestionale, il dato resta superiore a quello del 2022 (77 milioni), nonostante un calo della produzione del 13% su base biennale.
Il gruppo Armani nel 2023 aveva chiuso con un fatturato di 2,445 miliardi di euro (+4%) e un utile netto di 163 milioni, ma il quadro complessivo mostrava già un rallentamento generalizzato, in particolare nel segmento del lusso accessibile. Il fatturato “indotto”, includendo le vendite dei licenziatari, ammontava a circa 4,5 miliardi di euro, in calo del 2,6% rispetto all’anno precedente.
Tra i fattori che hanno inciso maggiormente: la contrazione della domanda in Asia, con un impatto significativo in Cina, e il generale raffreddamento del settore moda-lusso nella seconda metà del 2023.