Sabato mattina, in concomitanza con l’inizio del controverso Festival di Yulin in Cina, l’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) ha organizzato una protesta a Milano per denunciare la crudeltà di questo evento, durante il quale migliaia di cani e gatti vengono brutalmente catturati e uccisi a scopo alimentare.
Un’iniziativa che ha voluto non solo puntare i riflettori su una celebrazione tanto barbara quanto anacronistica, ma anche invitare a riflettere sul nostro modo di rapportarci agli animali.
Ogni anno, il Festival di Yulin suscita indignazione a livello globale: non solo cani e gatti vengono ancora consumati in alcune zone della Cina, ma spesso si tratta di animali domestici sottratti alle famiglie e uccisi con metodi cruenti, come la bollitura quando sono ancora vivi. Le leggi esistenti in materia di detenzione e macellazione sono insufficienti e largamente disattese.
Ma se è giusto e sacrosanto indignarsi per un Festival tanto anacronistico e crudele, allora è necessario farlo anche gli oltre 80 miliardi di animali – mucche, maiali, polli, agnelli e altri – vittime invisibili di un sistema industriale che li sfrutta, li tortura e li uccide ogni giorno.
Non esistono animali da amare e animali da sfruttare. L’alimentazione è una scelta culturale, influenzata da tradizioni e usanze, ma la sofferenza di un cane mandato al macello è identica a quella di un maiale, di un vitello o di un pollo.
Con il presidio di oggi, l’OIPA ha voluto dare voce a tutti gli animali: contro Yulin, contro ogni mattatoio, contro ogni forma di schiavitù animale.