E’ inelegante l’auto citazione, ma tant’è. Dimostra, forse, che queste parole- vergate e risalenti al luglio del 2020, ormai cinque anni fa- avevano una qualche attinenza, magari remota, con la realtà (ma soprattutto la verità).
“Certo, Mario Mantovani è stato un uomo di potere, e il potere si esercita spesso usando i modi dell’elefante in cristalleria. Ma ha sempre rispettato i perimetri del campo: lotta dura, senza pace se necessario, ma sempre nella e dentro la politica. Del suo rettangolo di gioco.
Quando invece è subentrato il circo mediatico giudiziario, la narrazione dell’imprenditore che ha creato migliaia di opportunità e aiutato migliaia di persone trasformato da qualcuno (e per qualcuno..) in un manigoldo di paese, quando le persone che con le pezze al culo chiedevano a Mantovani di pagare le bollette del gas perché erano al freddo (e Mantovani gliele ha pagate) poi lo hanno mandato alla sbarra con denunce ed esposti, annichilendo ogni traccia di umana riconoscenza, allora si coglie con chiarezza perché ad Arconate e dintorni alberghi una quantità smisurata di SCHADENFRAUDE.
E a cosa ci riferiamo? Il piacere per le disgrazie altrui, quel sentimento annidato nei nodi fondamentali della società contemporanea, che viaggia attraverso i canali della comunicazione permanente, si nutre della reattività immediata e irriflessa dei social media, prolifera nell’overload emotivo che tiene in ebollizione costante il dibattito pubblico. Sembra costituire una parte fondamentale del sistema nervoso della nostra società.
Semplice. Cristallino.
Mario Mantovani-VISIONARIO NEL TRAMONTO, MA NON AL TRAMONTO
In 20 anni di conoscenza superficiale di Mario Mantovani, di cui 4 vissuti più da vicino, c’è un momento che ci è rimasto e ci rimarrà per sempre impresso.
E’ avvenuto nella sala riunioni di un resort in Sardegna, un giorno di fine settembre, al tramonto di un sabato.
Quella sera, parlando davanti a 20 persone, quelle più legate alla sua vicenda umana e imprenditoriale, Mario Mantovani diede prima un’occhiata alle acque turchesi della Costa Smeralda e poi pronunciò parole che non abbiamo dimenticato: ‘Abbiamo creato dal nulla questa impresa sociale perché eravamo animati da un sogno. Consentire a ogni uomo e a ogni donna di vivere in piena libertà, fino all’ultimo istante della loro vita. Quel sogno è lo stesso che deve animare, ogni giorno, la nostra azione e ispirare i nostri passi’.”
Due anni dopo quelle parole sarebbe sopraggiunta la sequela di assoluzioni, nelle aule di Tribunale, dove la Legge è uguale per tutti (ma non su certi giornali, e per certi corifei assetati di sangue altrui del vampirismo giustizialista). Quanto si preconizzava in quel pezzo, dunque, assurgeva a realtà cristallina. Mario Mantovani, dopo essere stato INGIUSTAMENTE indagato, INGIUSTAMENTE arrestato, INGIUSTAMENTE condannato in primo grado, veniva scagionato. Ma non a costo zero, e NON ci riferiamo certo alla (tutt’altro che trascurabile) entità delle parcelle degli avvocati per sette (ripetete con noi: sette) anni di accanimento giudiziario.
Il costo lo ha esemplificato- con indubbia durezza, con scudisciate verbali inusitate ma che piaccia o no intinte nel calamaio della verità- il giovane vicesindaco di Arconate Fabio Gamba, che era poco più d’un ragazzo quando Mantovani venne arrestato, al cospetto di un pubblico inusuale considerata l’ora mattutina (ma chi mai li avrà avvisati, gli astanti, tra cui Sergio Calloni? Chissà se qualche Tribunale ce lo rivelerà..) ed è rimasto accanto a Mantovani non nella cattiva, ma nella terribile sorte.
Sembrava di assistere al monologo di una riuscitissima fiction, ma era tutto vero. Le Amministrazioni di Cambiamo Arconate, due, dal 2014 al 2024, hanno chiesto 2 milioni di euro di danni a Mantovani (una a testa, diciamo..); hanno ingaggiato una contesa legale contro Opera Pia Castiglioni, Fondazione Mantovani, l’erigenda casa di riposo che alla fine ha potuto aprire.. Ma a che prezzo? Quello per le parcelle degli avvocati dell’accusa, ovviamente, l’hanno pagato gli arconatesi.
Ma il prezzo del rancore, di un sentimento contiguo al desiderio di abbattere l’avversario politico, il prezzo di ipotesi accusatorie che certuni hanno cavalcato per anni, con impudica sfrontatezza (abbiamo troppa umana pietà per ricordare il nome di chi si stracciava le vesti per la candidatura di Lucrezia Mantovani nel 2018, definita ‘figlia di un arrestato’), quello non esiste. I certuni ne faranno conto con la propria coscienza, con le proprie pagine vergate al curaro, con le pagine che si rivoltano contro i paladini d’un tempo.
Ma poi… ne valeva davvero la pena, intentare guerra a Mario Mantovani? Trasformare le aule di Consiglio, le sale pubbliche, le istituzioni, in avamposti di lotta politica traslata nelle aule di giustizia? La risposta, forse, non è nel vento come cantava Bob Dylan, ma più prosaicamente nelle parole di Fabio Gamba.
Del resto abbiamo sempre pensato, candidamente, che solo dei cretini potevano spendere magna pars del loro tempo, e della propria vita politica, ad attaccare col cannone uno Mario Mantovani, che sebbene non sia stato ancora oggetto di processi volti alla beatificazione, non era neppure lontanamente il capo della Banda Bassotti che qualcuno ha artatamente ritratto.
Ma siccome non pensiamo si trattasse di cretini, dobbiamo constatare che si trattava di normodotati atteggiatisi a cretini. Che forse è ancora peggio.
Valgano poco o tanto queste parole (virtuali), il tempo dei giustizialisti senza macchia (pori num..) della piccola Arconate è finito per sempre, è ormai ben oltre il tramonto e persino dell’ammazzacaffè. Sono fuori dal tempo e dalla storia (piccola, ma pur sempre storia). Mantovani invece è ancora lì, ritto sulla tolda di comando. Il suo tempo prosegue. Non che ci volesse un genio per capirlo. E’ che voi, cari amici piccolo-manettari, c’avete proprio capito poco o nulla della lucida, visionaria, populistica (nell’accezione dottrinaria di Marco Tarchi e Zeev Sternhell) visionarietà di Mario Mantovani. Davvero.
Pesc par vi oltar.
Fabrizio Provera