Alzheimer ma non solo. Declino cognitivo e demenza preoccupano nove italiani su dieci

I consigli degli esperti: "puntare su prevenzione e interventi precoci"

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Declino cognitivo e demenza preoccupano 9 italiani su 10 e interessano 2 milioni di pazienti e 4 milioni di caregiver. A impensierire, soprattutto la relativa perdita di autonomia, l’isolamento e il carico emotivo ed economico sul nucleo familiare, anche a causa della carenza di servizi socio-assistenziali. Lo rivela un’indagine realizzata dall’istituto di ricerche ‘Emg Different’ presentata oggi a Milano nel corso dell’evento “Declino cognitivo e demenza: quanto ne sappiamo, cosa stiamo facendo e quale impatto sulla società e sul Servizio Sanitario Nazionale”. E’ stato promosso da Neopharmed Gentili nel mese dedicato all’Alzheimer, la forma più diffusa di demenza, di cui ricorre la Giornata mondiale il 21 settembre.

“Con l’aumento dell’aspettativa di vita, la demenza è destinata ad acquisire sempre più rilevanza: oggi ne soffre il 7% della popolazione over-60 e la percentuale sale al 30% negli over-85. Intervenire preventivamente nelle forme di precliniche di demenza è cruciale per contrastare la progressione della malattia – dichiara Camillo Marra, presidente SINDem, Associazione autonoma aderente alla Sin per le demenze – È stato evidenziato che un intervento su tutti i fattori di rischio modificabili, tra i 40 e i 60 anni, potrebbe ridurre del 40% l’evoluzione del declino cognitivo lieve in demenza. Ciò vuol dire agire su fumo, alcol, sedentarietà, diabete, ipertensione”.

Una sfida da affrontare con interventi mirati (il 70% non sa che si può agire precocemente), promuovendo la conoscenza (il 50% dei casi di declino cognitivo evolve in demenza) e la lotta allo stigma sociale. Ma la ‘vera’ prevenzione inizia sui banchi di scuola. Per Marra, è necessario ridurre il tasso di abbandono scolastico: “Più siamo istruiti, infatti, più siamo in grado di alimentare la riserva cognitiva per quando saremo anziani. Anche sul fronte terapeutico, più si interviene in fase precoce, meglio si riesce a modificare il decorso della malattia”. Gli italiani sono concordi (93%) sulla necessità di una maggiore informazione sull’argomento: quasi 1 italiano su 2 (46%) dichiara di non sapere che la prevenzione è un’alleata per contrastare il declino cognitivo e solo il 29% è consapevole della possibilità di intervenire sul decorso della malattia.

“Il declino cognitivo lieve è un quadro clinico da attenzionare al massimo perché rappresenta la fase della diagnosi precoce e coinvolge in prima persona il medico di medicina generale – spiega Alessandro Pirani, rappresentante Simg-Tavolo permanente Demenze, Ministero della Salute- Il disturbo delle capacità di memoria è il segnale più eclatante, ma spesso viene ignorato o sminuito a causa dello stigma che lo ‘relega’ a un normale aspetto dell’invecchiamento”, conclude.

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