Ricorsi (e ricordi) storici, anno 2012. Il Roland Garros è già da due primavere il giardino di casa Schiavone. La Leonessa, nostra signora della varietà tennistica, centra la prima storica vittoria in una prova del Grande Slam sconfiggendo Samantha Stosur, stagione di gloria 2010, e poi sfiora il bis dodici mesi più tardi, perdendo la finale contro Li Na e una giudice di sedia che commette un errore imperdonabile chiamando buona una palla della cinese palesemente oltre la riga quando l’azzurra sembra aver trovato le chiavi per ribaltare le sorti del match. E se Francesca non concede il tris, a ricordare ai francesi che in Bois de Boulogne lo facciamo meglio di loro ci pensa Sara Errani che si arrampica di tenacia fino all’ultimo atto, dove a sbarrarle la strada è la divina Sharapova.
Tennisticamente è passata una vita ma due cose non sono cambiate, sempre a proposito dei fil rouge della storia, che fanno grandi giri per ritornare dove sono partiti. La prima è che Sarita è ancora qua tirata a lucido che suda e combatte nonostante le tante primavere sulle spalle e il chilometraggio da giro del mondo messo nel motore. Mica a fare da comparsa, perché nel pomeriggio ad attenderla c’è la semifinale del doppio. La seconda è che, ancora una volta, un’italiana si giocherà il titolo del singolare parigino. Non una qualsiasi, una che è anche la spalla di Errani e che, pertanto, male che sarà andata la due giorni che ci attende avrà disputato nello stesso anno la semi del doppio e la finale del singolo: Jasmine Paolini. Che, tanto per rendere questo Slam qualcosa di difficilmente eguagliabile, si è assicurata quantomeno la posizione numero sette del ranking e potrebbe financo essere una stima per difetto.
Jas non è una sorpresa, perché la sua crescita ha trovato in questo 2024 un terreno più fertile di una piena del Nilo. Certo, un Roland Garros è un po’ come un lungo campionato e per arrivare in fondo serve sempre un po’ di tutto. Bravura, manco a dirlo, e pure un pizzico di buona sorte. Quella che, per esempio, ha estromesso anzitempo Sabalenka, sconfitta più dai malanni che dalla giovane Andreeva, poi stoppata proprio dalla nostra giocatrice. Ma, si sa, gli assenti hanno sempre torto e Jasmine la finale di sabato se la merita tutta. Come se la merita anche il suo coach, Renzo Furlan, che con la toscana ha svolto un lavoro eccezionale. E se oggi siamo qui a raccontare l’impresa di una giocatrice cresciuta in maniera esponenziale è anche merito suo. Vecchia volpe, il Renzo, uno che già da giocatore sublimava il concetto di lavoro certosino applicato al tennis e, pertanto, non stupisce affatto sia diventato un allenatore preparato. Sodalizio da Slam, Swiatek permettendo.
Già, perché tra Jas e il titolo dei moschettieri c’è in mezzo l’Everest, l’esame di laurea, l’incubo in gonnella di quando i campi sono rossi e polverosi. La numero uno al mondo, infatti, è giocatrice che sulla terra battuta non perde praticamente mai. Non solo, è molto facile che nel punteggio finale ci infili almeno un bagel, il sei a zero a beneficio dei meno avvezzi. Iga, a Parigi, non è così dissimile da Nadal e non è un’esagerazione e, quindi, che sia lei una delle due finaliste è tra le evenienze più scontate al mondo, almeno quanto il campanilismo dei francesi. Che i bookmakers non diano una mezza chance a Paolini è assai comprensibile, del resto fanno il loro mestiere, ma anche Steffi Graf sembrava impossibile che potesse perdere quel Roland Garros del 1989 dalla simpatica Arantxa Sanchez eppure successe. E, per stare in casa Italia, chi avrebbe detto che la meravigliosa Robertina Vinci avrebbe fatto secca Serena Williams a casa sua e in odore di Grande Slam? La tarantina lo fece. Insomma, le partite cominciano tutte dallo zero a zero e, soprattutto nel tennis, è un attimo che prendano una piega imprevista.
Jas, per guadagnarsi la sfida contro la polacca, ha regolato nel tardo pomeriggio di ieri Mirra Andreeva e i fantasmi di una diciassettenne che ha finito per pagare dazio all’esperienza che per ovvi motivi anagrafici ancora non c’è. Un match in perfetto controllo, che le ha consentito di risparmiare energie preziose in vista del duplice impegno che la attende al varco. Con la coppia Vavassori-Bolelli già in finale nel torneo di doppio maschile, grazie allo scalpo dei favoriti Bopanna-Ebden e una prestazione del Wave in versione Pat Rafter, e nell’attesa della sfida titanica tra Sinner e Alcaraz che meriterebbe un discorso a sé, tanta è l’importanza globale che riveste, la campagna di Francia degli azzurri è una di quelle che finiscono istantaneamente nei libri di storia dello sport.
Tu guarda il tennis, sembra ieri che alla seconda settimana di uno Slam non ci arrivava mai nessuno dei nostri e ora, invece, nelle quattro semifinali abbiamo piazzato cinque connazionali. Intanto, a Jas vanno tutti i complimenti del caso, quindi tanti. Ma da qui a domenica sera c’è la possibilità concreta di doverne fare altri e, se possibile, ancora più carichi di emozione. Che meraviglia.