Covid, Giorgio Palù: origine in laboratorio non va esclusa

"Non ci vuole molto perché un virus, anche animale, si adatti.Dico animale perché per il 98% la sequenza" di Sars-CoV-2 "è identica a quella di un virus del pipistrello "

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“Non mi sorprende per nulla che uno studio arrivi alla conclusione che Covid-19 può aver avuto un’origine innaturale.Ci sono anche metodi più diretti”, rispetto a quelli utilizzati dagli autori dell’ultimo lavoro scientifico uscito oggi, “per mostrare la possibilità o ipotizzare che possa esserci un’origine non naturale.Non parliamo mai di certezza, va precisato.Ma ci sono tante evidenze dirette e indirette che possono farlo pensare”. Il virologo Giorgio Palù non ha mai nascosto il suo pensiero.Anzi ha firmato uno studio, pubblicato a febbraio 2022 su ‘Frontiers in Virology’, in cui si focalizza su alcuni aspetti insoliti della struttura del virus Sars-CoV-2, il patogeno che ha tenuto sotto scacco il mondo con la pandemia.”Ci sono almeno due elementi che fanno pensare”, illustra l’esperto, commentando all’Adnkronos Salute l’analisi pubblicata da un gruppo di ricercatori dell’University of New South Wales, Sydney (Australia), secondo cui ci sono più probabilità che Covid abbia avuto un’origine innaturale, rispetto all’ipotesi di una genesi naturale.

A far riflettere Palù è in particolare “un’inserzione di 17-20 nucleotidi nel sito di clivaggio della furina, che è unica tra tutti i sarbecovirus e che facilita la diffusione da uomo a uomo.Questa inserzione nucleotidica si è trovata in tutte le sottovarianti Covid, da Wuhan in avanti – osserva – è un vantaggio selettivo che è conferito.In termini darwiniani, il virus ha avuto necessità di questo inserimento.Ovviamente, se uno manipola” un patogeno, “con le tecniche che si usavano fino a qualche anno fa si trova una traccia della manipolazione genetica.In questo caso non c’è traccia”. “D’altronde – aggiunge però Palù – non ci vuole molto perché un virus, anche animale, si adatti.Dico animale perché per il 98% la sequenza” di Sars-CoV-2 “è identica a quella di un virus del pipistrello che si chiama RaTG13, però sono pochissime le modifiche che servono a fargli fare il salto di specie e a renderlo più trasmissibile da uomo a uomo.Addirittura nei modelli animali questo inserimento nel sito di clivaggio della furina a livello della proteina di superficie S è un guadagno di funzione essenziale per la diffusione”.

E l’inserimento in questione, afferma il virologo, “non occorre farlo geneticamente: se un virus del pipistrello lo si costringe a crescere su cellule umane per diversi passaggi, questa cosa può succedere. E’ già avvenuta con i virus dell’influenza”.

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