ABBIATEGRASSO Non si può dubitare in alcun modo sulla fedeltà alla causa dell’antimafia e alla militanza giornalistica nella narrazione del fenomeno mafioso di Cesare Giuzzi, giornalista 42 enne figlio d’arte (il padre Giulio, morto a 65 anni nel 2014, fu apprezzato cronista e vicedirettore del Giorno).
Chi scrive, per quel pochissimo che vale, ha da anni maturato una sensibilità garantista che sul tema della mafia (e soprattutto della narrazione mafiosa) lo fa sentire molto più vicino a posizioni di netta minoranza: ossia a chi ha il coraggio di ‘contronarrare’ certo giornalismo cui piace mascariare, condannare preventivamente, additare al pubblico ludibrio politici o semplici persone che alla fine vengono assolte (succede spesso) con dieci righe nelle pagine interne. Filippo Facci, Salvatore Merlo, Ermes Antonucci e il supremo Pietrangelo Buttafuoco sono i riferimenti principali dello scrivente.
Ciò detto, ribadiamo, non si può tralasciare la difficoltà spesso estrema di chi come Cesare Giuzzi scrive, se non quotidianamente però spesso, di mafia ed affini, tra Milano, Corsico, Buccinasco e la Lombardia.
Nel 2021 Giuzzi aveva annunciato che non avrebbe più partecipato, come ha fatto negli ultimi anni, a convegni e incontri pubblici in giro per l’Italia per commentare le vicende di mafia e aiutare a ricollegare fra loro fatti e circostanze.
“Rinuncio a malincuore a questi impegni non lavorativi, ha detto, ma non posso fare altrimenti. Ormai ricevo troppe querele per ciò che dico e per ogni querela devo sostenere spese per dimostrare in tribunale la mia innocenza, anche se le accuse contro di me sono infondate e pretestuose”.
“Ci pensavo da mesi”, aveva aggiunto Cesare Giuzzi, che l’11 agosto 2021 ha pubblicato sul Corriere della Sera un editoriale dal titolo “Le querele temerarie. L’ultima arma dei mafiosi per colpire noi cronisti”.
Ieri sera insomma Giuzzi ha fatto un’eccezione, venendo ad Abbiategrasso per la vicinanza all’associazione Libera e per sottolineare l’impegno di Francesca Grillo e Sara Manisera.
Partiamo volutamente da una delle parti conclusive del lungo intervento (oltre 1 ora) di Giuzzi, che venendo alla carne viva del problema ha pronunciato (da conoscitore indiscusso) parole su cui fanno riflettere.
“Ad oggi la Magistratura non è venuta ad occuparsi di mafia ad Abbiategrasso. Ma quello che sappiamo e che so è che ovunque l’ha cercata, alla fine l’ha trovata. Mischiata o meno con la politica, questo è un altro maxi e delicato ambito che meriterebbe una trattazione parallela. Di certo NON metto la mano sul fuoco sul fatto che ad Abbiategrasso la mafia NON ci sia”.
Ci sia permesso il naturale sillogismo per cui se NON è detto che la mafia NON sia in un dato luogo, in reatà la mafia non ci sia. E’ la traduzione, neppure troppo contorta, delle parole pronunciate da Cesare Giuzzi.
Che ha detto moltre altre cose, tra cui la radicale mutazione del fenomeno mafioso a Milano e nell’hinterland: “Oggi la mafia non uccide, non spara, non appicca solo incendi. Oggi la mafia fa girare a ritmo vortcioso denaro da un palazzo dove magari hanno sede 34 società fittizie, fatture su fatture inesistenti, prestanome, soldi che vanno da una parte all’altra del mondo e poi magari qualcuno si compra un castello in Umbria. Ovvio che l’idea dei mafiosi con la coppola sia desueta”. Anche se, aggiunge, chi ha cercato di cambiare le cose come Carmello Novella, boss dell’ndrangheta freddato a colpi di pistola il 14 luglio 2008 al circolo Combattenti e reduci di San Vittore Olona (vicenda conclusa con sette ergastoli confermati in Cassazione), è stato violentemente stoppato da chi invece tiene molto ai vecchi e tradizionali rituali ndranghetisti, dove tutto si decide su sperduti paesi montani, sempre nei medesimi e altrettanto rituali luoghi.
“La mafia e l’ndrangheta su questo territorio esistono, lo dimostra la presenza di parenti di Matteo Messina Denaro che hanno scontato le loro pene ed oggi ci sono ancora, titolari di attività economiche o meno. Ci sono perché il consumo di suolo, da queste parti, fa gola eccome”.
Sono parole- quelle pronunciate da Giuzzi con piglio appassionato e indubbiamente fondate su anni di studio, ricerca e presenza sul campo- che a nostro avviso dovrebbero fare riflettere.
Soprattutto in relazione all’ormai arcinota contesa tra il Comune di Abbiategrasso e Sara Manisera. Su cui, com’è giusto che sia, sarà un Tribunale ad esprimere l’ultima e solenne parola.
Fabrizio Provera