“Ma racumandi nan Cavalazzi con una L sola”… Il Cavalier Bruno Cavalazzi, mancato l’altro giorno e di cui domani pomeriggio si celebreranno i funerali nella Basilica di San Martino, è stato tra i miei primi intervistati nel mio lavoro di cronista locale. Erano i tempi del Città Oggi (fine anni Novanta) e di norma, nel giro delle interviste settimanali, sentire la voce di chi rappresentava un mondo (fossero i commercianti, o gli artigiani in questo caso) era un classico.
Personalmente, mi ricordo le chiacchierate – perché di questo poi si parla – sia nella vecchia sede della piazza del comune. Sia più avanti in quella più prestigiosa nei nuovi palazzi della Mape nell’area ex Laminati. Il volto sorridente del signor Bruno tradiva legittimamente un certo orgoglio. “En fai chi propri un bel post…” mi disse il giorno dell’inaugurazione alla presenza di tutti i notabili Magentini.
Il suo ufficio ben illuminato e al suo fianco, sempre, il fidato Raffaele Grittini. Già, perché “Al Ragiunier” nelle occasioni solenni – leggasi intervista – doveva esserci sempre. Gentilezza, cortesia, disponibilità, il sorriso sempre stampato. Cavalazzi faceva parte di quella schiera di ‘Magentini Doc’ che costruiscono una comunità, ne sono essenza. Il Signor Bruno era una sorta di certezza. Quando, infatti, ti avvicinavi alla piazza, specie nelle giornate del dì di festa, era scontato incontrarlo con la sua bici che inforcava discendendo la via Milano.
Non averlo già visto più in questi ultimi mesi a bordo del suo velocipede, in un certo senso, era come aver perso una piccola ma solida certezza all’interno di una realtà come quella magentina dove ci si conosce tutti (Magentini indigeni e “furest” compresi).
Discorso analogo vale per al Sciur Testa (esequie in programma domani mattina sempre in Basilica ndr), per gli appassionati di calcio una autentica manna.
Mi ricordo ancora che la prima ‘folgorazione’ – per un malato di calcio come il sottoscritto – fu nei primi anni Ottanta. La piazza (che bello!) era ancora percorribile in automobile e soprattutto era viva!
L’auto dei miei genitori, rallentò all’altezza dei portici perché poi più avanti c’era il semaforo (con svolta a sinistra verso via Garibaldi) e da lì s’intravedeva una vetrina (era una esposizione temporanea ndr) piena di maglie dei calciatori della serie A luccicanti. Ovviamente, al sottoscritto balzò all’occhio la divisa dell’Inter ancora con sponsor Inno Hit (azienda giapponese all’epoca molto in voga che produceva televisori) della stagione se la memoria non tradisce 81/82. Il passo successivo, naturalmente, era scovare quel negozietto in via Colombo, dove di quelle maglie se ne trovavano a bizzeffe (alcune tenute come in una teca con tanto di autografo di colui che l’aveva indossata in campo….).
Non solo italiane, ma anche di diversi club europei. Nella mia lunga lista di collezionista indefesso ne me ricordo almeno un paio (Ajax e Sporting Lisbona) prese proprio in quella bottega dove ogni coppa aveva un suo perché, così come ogni targa nascondeva aneddoti e ricordi speciali.
Per noi ragazzini malati terminali del ‘Dio Palla’ nelle lunghe e afose estati magentine un passaggio in bici davanti a quella vetrina era dovuto. Un po’ come per il buon cattolico che ogni volta che passa davanti alla chiesa dovrebbe entrare per una preghiera. Per noi laici e blasfemi seguaci del Dio Palla, il tempio erano quelle vetrine, ma soprattutto quello che ci si poteva trovare dentro. Foto, cartoline autografate. Espressioni di un calcio che non esiste più. Decisamente più umano e vero.
Mi ricordo, a tal proposito, almeno un paio di appuntamenti all’inizio degli anni ’80. “Andiamo dal Testa che ha fatto venir giù Sandro Altobelli per tutti ‘Spillo’ e il Becca (Beccalossi)”.
Immancabile la cartolina con firma autografata gelosamente custodita come in una bacheca. Stessa scena, l’estate successiva con Hansi Muller, il centrocampista tedesco dal gran sinistro, dell’allora Germania Ovest che l’Inter preferì ad un certo Michel Platini…In teoria doveva essere il secondo ad essere rotto, invece, fu Hansi grande talento proveniente dallo Stoccarda a rimanere spesso in infermeria. Anche lì autografo e cartolina. Per non parlare del mitico Kalle Rummenigge…
Il Sciur Gianpiero, noto tifoso granata (per un certo periodo ci fu anche un Toro Club in città), ha praticamente incontrato mezzo mondo di quel calcio di cui anche lui era parte. Un calcio in cui venivano prima gli uomini e poi tutto il resto. Una genuinità di cui, ognuno coi suoi tratti, sia il Cavalier Bruno Cavalazzi, sia il Signor Giampiero Testa sono stati degni portatori e artefici. Buon viaggio ad entrambi. Magenta ora è un po’ più sola.
Nella foto in evidenza Gianpiero Testa con Evaristo Beccalossi e Spillo Altobelli.