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Magenta e la Messa delle beffe, di Emanuele Torreggiani

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Domenica 12 aprile santa messa in basilica San Martino alle ore 10,30. Battenti aperti per il sindaco pro tempore, i comandanti delle forze pubbliche ed i gestori della solidarietà cittadina. Il popolo, a casa. Al confino. Va bene. Quale il senso di una messa che vede l’esclusione del popolo di Dio? I credenti. Non si sa, di là dalla cornice fotografica. Si potrebbe sostenere, e qualcuno lo andrà a dire, che i presenti rappresentano la comunità. Si, lo si potrebbe sostenere se la messa fosse una mera funzione di rappresentazione. Un comandante per le forze armate, un politico per tutta la politica, uno specialista per le specialistiche. Ma la messa non è, credo, una qualunque funzione di rappresentanza. E non c’è alcuno che possa presenziare alla funzione per delega. “Sono qui per mio cuggino”, non vale. Appare chiaro che l’esclusione del popolo, i pochi o i tanti che credono, e non so in che percentuale, avviene per motivi di ordine sanitario. Chiaro ed evidente come il medesimo ordine consenta l’ingresso in un qualunque magazzino con mascherina e guanti di lattice e sulla distanza di cento centimetri l’un l’altro. Cento centimetri compongono il metro lineare, sia scritto per gli analfabeti funzionali. E ancora il medesimo ordine, chiaro e distinto, impedisce l’ingresso al camposanto, quasi fosse in affollamento per saldi.

Vabbene, si lascino le contraddizioni a chi le vorrà cogliere. Purtuttavia questa messa, come una qualunque messa in un qualunque giorno di un qualunque anno, non è una mera rappresentazione cui un soggetto è delegato a rappresentare una comunità sia in toto che in parte. Un credente praticante partecipa alla messa e va incontro, lui solo, singolarmente, a Dio che chiama il singolo soggetto, l’individuo nasce proprio per la chiamata cristiana al singolo uomo: tu. Sto parlando con te. A differenza sia del panteismo che del politeismo. Lo scrivo avendolo studiato, io, per mia colpa, non sono un praticante. E allora c’è qualcosa si contraddice in questa riduzione a rappresentazione di una chiamata singola che denuda il soggetto, nella sua interiorità, dinanzi a Gesù Cristo. Già perché per i cristiani Dio non è un’astrazione, una concatenazione infinita di consonanti, si chiama Gesù Cristo. È un uomo che chiama ogni singolo uomo. Dai singoli nasce poi la comunità, composta da singoli individui, ciascuno unico e irriproducibile. Non viceversa, come nel confucianesimo, per dire, ad esempio. Bene, in tempo di virus popolare s’impara che il virus si declina in vairus ed alla messa si esclude il popolo di Dio ma la si celebra, comunque, per rappresentazione. Quindi un atto meramente politico. E allora parafrasando Sem Benelli con la sua ‘La cena delle beffe’, eccolo lì, il titolo dell’articolo.
Accade anche in altri paesi, città. Accade. Se ciò consola, che ci si consoli.

Emanuele Torreggiani

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