Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.
Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.
CERRO MAGGIORE – Da un lato le mutate normative di legge, dall’altro il rischio di doversi sobbarcare una causa legale. L’amministrazione comunale di Cerro Maggiore ha dovuto prendere di petto il problema del rapporto con i gestori di impianti di telefonia mobile di due aree, la prima di 50 metri quadrati in via don Carlo Gnocchi, la seconda di 45 in via dei Cerri.
Da dove nasca il tutto lo spiega l’assessore Antonio Foderaro cominciando dall’impianto di via don Gnocchi: “L’intesa sottoscritta con l’operatore – dice – prevedeva che per questa concessione delle aree per gli impianti il comune avesse un ritorno di 17 mila Euro in nove anni, il Piano di ripresa e resilienza elaborato dal Governo ha però previsto una tariffa non superiore a 800 Euro l’anno”.
Un abbassamento consistente che il comune non ha accolto di buon grado: “Abbiamo inizialmente puntato i piedi con gli operatori – prosegue Foderaro – dicendo loro di portare gli impianti altrove ma adottare quest’atteggiamento sarebbe significato rischiare di esporsi a una causa legale che ci avrebbe visto soccombenti”.
Dunque, ecco la soluzione di compromesso per ambedue gli impianti: “Abbiamo fatto una prima offerta di 150 mila Euro in trent’anni agli operatori – aggiunge – alla fine abbiamo però raggiunto un accordo per 165 mila Euro ovvero 5500 l’anno, una somma che incasseremo subito alla stipula del nuovo contratto”.
Una decisione che consente alle aziende di telefonia di continuare a operare e al comune di incassare somme sonanti senza esporsi a rischi di contenziosi.
Tutto in moto rettilineo? Secondo alcuni esponenti dell’opposizione , non esattamente.
Secondo l’ex sindaco Antonio Lazzati e la consigliera Piera Mercedes Landoni, infatti, la concessione trentennale è eccessiva. “A mio avviso- afferma quest’ultima – occorreva negoziare maggiormente con gli operatori sul discorso dei trent’anni di durata, per trent’anni ci ritroveremo con un’antenna sul territorio”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Lazzati. Nel discorso non poteva poi non entrare anche l’annosa questione della pericolosità o meno delle radiazioni emesse dagli impianti di telefonia. “Si tratta- assicura Foderaro – di tecnologie ipercollaudate su pali molto alti che poco influiscono sull’abitato in quanto le onde si propagano in altezza”.
Cristiano Comelli
Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.