Come annunciato di recente dall’Amministrazione Comunale di Robecco e riportato nelle pagine di Ticino Notizie, questa bella iniziativa con i suoi diversi eventi metterà al centro il vivere del mondo agricolo: e della sua realtà. In particolare la presenza alla fiera di San Maiolo, con l’esposizione dei suoi macchinari, di una industria abbiatense tra le più famose nella produzione di apparecchiature per il mondo agricolo e che hanno radicalmente cambiato negli anni lo svolgere dei lavori e ridotto di fatto la fatica umana spinge, come sotto riportato, a ricordi di antiche e perdute figure e obsolete attività manuali di questo mondo contadino.
Tra i lavori di un tempo che si svolgevano non lontano dalle sponde del Ticino e nella pianura ad esso contigua è da ricordare la fienagione manuale a partire dal taglio dell’erba medica con la falce, il successivo rigiro con bastoncini fino all’ammucchiamento sui carri con i tridenti forche , ora quel lavoro faticoso ma che merita di essere ricordato per quel suo sapore nostalgico e romantico si è perso con la completa meccanizzazione a stadi successivi: sfalcio, essiccazione rotante e imballaggio finale come raccontano questi versi:
Care bucoliche figure
Dopo quei precisi tagli al sole l’erba
attendeva di diventare profumato
fieno con sapienti e ben ritmati tocchi
le donne dai larghi cappellon di paglia
come formiche alacri a far da gara
silenziose quel falciato con un bastoncin
a favorirne di Elio dei suoi raggi l’opra
e sotto l’ampio mantello dei gelsi grandi
generosi si godevano lì dell’ombra alta
la frescura gli sfalciatori le forze a ritemprare
grilli e cicale coi loro canti rompevano
dei luoghi quel silenzio oggi in quei campi
s’odono soltanto acuti meccanici rumori
perse nel tempo le care bucoliche figure
Care bucoliche figure che poi emergono più forti da miei personali ricordi di fanciullo che ancor si proiettano alla mente non come fantasmi ma nella loro realtà operativa:
Là in fund in mees al prää la sia Dela vedi ammò le propi lè,
cunt al sò fularin veerd al coll e cunt in cò un caplin biäänc
che la vulta al fen cul bastunin e areent Papu, Ingelino e al me Batista.
Pusè innaans a mità prää cunt al fer par taiä l’aarb, al sgäsc,
l’è stravacaav Ciapin e Luigi che cunt la cud al fà al fil al sò.
Sträc pär al laurä e pär l’arbaton dal so puus ad una gabaav
ätäc al foss la sia Nina e la sia Tugnina in a drè a parlä,
al siu Pedar cunt al fulcin a le adrè a taiä un rubin
l’olter siu Pedar al bevv dal fiaschet dal vin o forsi dl’äqua frösca
e un queidun pö, sò no chi, scunduuv al pisa dadrè a un muron.
Pasa intant pusè luntän Ingiulin cunt al so bö e ‘l tumarlin
Ghin tucc manchi dumà min ma m’incorgi che sun drè a sugnä.
Là in fondo, in mezzo al prato, la zia Adele vedo ancor è proprio lei,
con il suo foulard verde e con il suo cappellino bianco rigira
col bastone il fieno e Peppo, Angelino e il mio Battista a lei vicino son.
Più avanti a metà prato il ferro la falce per tagliare l’erba
Ciapin se ne stava lì spaparanzato e con la cote affilava la sua Luigi.
Al fosso accanto per il lavoro stanche, il solleone alto, le zie Nina e Antonia
parlavano tra loro,lo zio Pietro con un falcetto stava tagliando una robinia,
l’altro zio Pietro si dissetava con il fiaschetto del vino o dell’acqua fresca
forse poi qualcuno, non so chi, orinava dietro un gelso di nascosto.
Più lontano poi Ingiulin con il suo bue ed il carrettino: c’erano tutti
mancavo solo io in questo mio ad occhi aperti sognar dolce caro
e ancora come non ricordare quel romantico continuo e ripetitivo gesto del liberare le pannocchie di granoturco dalle loro foglie protettive e dalla “barba” che tra allegria e canti si svolgeva sull’aia fino a tarda sera ?:
L’aar
…a la Mott, sir cold d’Agúst, la lüna piena,
e i sansosoer anca lì a fala da padron
cui lüsirö dalà dal foss dal campagnon,
e par la curt giränn i du cän ad la
me nona e inveci dormen i gain
in dal puleè e là tac a la stall ta senta
al vers ad l’oc e cäl di pavarin,
luntän al par al brusegg di vacc
anca se in propi lì a dü pass da ti.
Sultant su l’aar al scür dla sir
e l’ari tutt inturän in rutt da vùss
e da canson: cantän i donn su l’ar
intant ch’in a dreè a dasfrascää al margon
….
L’aia
…a Motta molt’anni addietro:
calde sere d’Agosto, quella luna piena
anche allora le zanzare a farla da padrone
con le lucciole aldilà del fosso campagnone
la Lila e la Dora della mia nonna Nina
le due cagnoline in corte, dormono le galline
nel pollaio e dalla stalla vicino senti il verso
dell’oca e dei suoi piccoli gialli paperini
sembra lontano il muggito delle mucche
pur se stanno proprio li vicino, a due passi.
Soltanto su l’aia quello scuro della sera
e l’aria tutt’attorno sono dolcemente
rotti da voci e da canzoni: cantano
le donne e dal granturco levano le frasche
…
Dialetto lombardo con fonetica particolare e assonanze miste tra i dialetti milanese e pavese: Motaiö il “mottese” di Motta Visconti (MI)
Giuseppe Gianpaolo Casarini