Vittuone, ieri la prima Marcia in rosso

200 ragazzi tra i partecipanti

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Si è svolta ieri mattina la prima Marcia in Rosso: oltre 200 ragazzi della scuola secondaria di primo grado “E. Fermi” (tutte le sezioni), insieme ai docenti, hanno sfilato per le vie del paese in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.

La manifestazione è stata organizzata dall’assessore con deleghe alle Pari Opportunità e alla Pubblica Istruzione Francesca Ceriani, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo.

Gli studenti e le studentesse, dopo aver percorso le strade cittadine indossando tutti il segno rosso sul volto, simbolo della giornata, hanno raggiunto piazza Italia, dove hanno mostrato i cartelloni realizzati in classe, letto pensieri e frasi e cantato canzoni sul tema.

In piazza erano presenti anche una rappresentanza dell’Amministrazione comunale e numerosi cittadini che hanno voluto partecipare a questo importante momento.

IL DISCORSO DEL SINDACO BONFADINI

Sono due anni senza Giulia, ma anche senza Anna, Cinzia, Emilia, Fatimi, Ilaria, Olena, Pamela, Saman, Sara, Tiziana, Veronica e tutte le altre donne ammazzate da relazioni tossiche, malate.

Ammazzate da uomini che dichiaravano di amarle, che non accettavano – e non accettano – l’indipendenza, la libertà, la capacità di scelta delle donne. Così le colpiscono brutalmente, fino alla morte.

Poi ci sono i segni che non si vedono. La violenza psicologica, quella economica. E ci sarebbero i segnali per accorgerci che non va bene. Ma quelli non li vediamo, o non vogliamo vedere.

È doloroso trovarci ogni anno e fare la conta di chi manca, abbiamo fatto rumore, abbiamo messo panchine rosse in ogni piazza, abbiamo urlato, abbiamo fatto cortei, ma il contatore delle vittime continua a registrare numeri in aumento.
Da ultimo, abbiamo assistito alla polemica politica per chiedere l’introduzione dell’educazione all’affettività nelle scuole. È fondamentale che venga realizzata al più presto. Aiuterebbe i ragazzi e le ragazze ad essere migliori nel futuro; aiuterebbe quelle famiglie che non hanno gli strumenti per accompagnare i loro figli nel percorso di crescita. Occorre parlare di educazione affettiva, affiancarli nel conoscere loro stessi, insegnare a gestire le emozioni, imparare a conoscere i confini e chiedere e dare il consenso, rispettare l’altro, credere nella parità e nell’eguaglianza dei generi.

In questo l’Italia è tra i fanalini di coda dei Paesi europei, la Svezia già nel 1955 aveva introdotto nelle scuole i programmi all’educazione sessuoaffettiva.
Di cosa abbiamo paura? C’è un urgente bisogno che i ragazzi vengano seguiti da specialisti, la famiglia da sola non può bastare, un’educazione non è pericolosa, ma aiuta a fronteggiare e a prevenire il problema, perché nel silenzio allora parlano, in maniera distorta ed errata, i social, i video pornografici nella rete.
Vogliamo Questo?

L’inasprimento delle pene non è sufficiente o risolutivo per combattere questo triste fenomeno e comunque le pene e le sentenze arrivano sempre dopo, mentre dobbiamo arrivare prima, con la prevenzione e quindi l’educazione. Ci ripetiamo infatti sempre che è una questione di cultura. Allora lavoriamoci su questa cultura, lasciamo gli esperti lavorare con i ragazzi.

Perché crediamo che l’unica risposta alla violenza sia educare al rispetto, all’empatia, alla libertà reciproca e questo può avvenire anche e forse soprattutto nella scuola, il luogo dove si formano le persone. Non si tratta di ideologia, ma di civiltà. L’amore non è possesso, non è il controllo, il rispetto è la base di ogni relazione.

Per Gino Cecchettin “non ci sono ricorrenze”, pensa spesso alla figlia ogni giorno, ma ha scelto “di reagire, di dare un senso a quel dolore”. Non chiede più punizioni o leggi più dure” ma interventi per contrastare prima gli omicidi, e gli interventi sono la prevenzione e quindi l’educazione, perché l’educazione affettiva è una protezione, non toglie nulla a nessuno, ma aggiunge qualcosa a tutti: consapevolezza, rispetto e umanità. Per Lui l’educazione all’affettività “serve a partire dalla scuola dell’infanzia”. E ha ragione, perché Giulia e le altre sarebbero ancora vive.
Allora forza ragazzi e ragazze fate rumore e insieme impegnamoci affinché questo tragico finale venga riscritto, perché ogni femminicidio toglie il futuro e ci lascia tutti più poveri e nel dolore.

Grazie alla scuola, agli insegnanti alle ragazze e ai ragazzi e a tutti voi che avete partecipato.

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