Pareti colorate e decorate, un tappeto, la scrivania con i libri, le poltroncine e i giochi per i bambini: sembra un salotto di casa, ma si trova negli uffici della squadra mobile della questura di Milano. E’ ‘una stanza tutta per sé’, pronta ad accogliere e a far sentire a proprio agio le donne vittime di violenza.
L’aula di ascolto, realizzata da Soroptimist International d’Italia, Club Milano fondatore e Club Milano alla Scala in collaborazione con la Polizia di Stato, è stata inaugurata questa mattina alla presenza – tra gli altri – del prefetto Claudio Sgaraglia, del questore Bruno Megale, della procuratrice aggiunta responsabile del V dipartimento Letizia Mannella e del dirigente della squadra mobile Alfonso Iadevaia. “I casi di violenza purtroppo sono sempre di più. Per questo è importante e attuale attrezzare una stanza per persone fragili e per audizioni protette”, ha detto il questore, spiegando che “iniziative del genere servono ad agevolare il lavoro degli agenti” che devono raccogliere le sempre più numerose denunce. Considerando poi che “il codice rosso ha ristretto i tempi”.
Anche il prefetto Sgaraglia ha ringraziato le associazioni e i club che hanno reso possibile la realizzazione dell’aula di ascolto per la “fondamentale collaborazione tra pubblico e privato. E’ importante avere una stanza accogliente per assistere le donne”. Con quella inaugurata questa mattina alla questura di Milano di via Fatebenefratelli, a cui se ne aggiunge un’altra che apre oggi alla caserma di Rossano, in Calabria, diventano 296 le ‘stanze tutte per sé’ aperte in Italia da quando, dieci anni fa, il progetto è stato avviato. “E molte altre sono in preparazione, quindi a breve saremo a trecento”, ha detto la presidente del Soroptimist International d’Italia Adriana Macchi.
“Di fronte al fenomeno della violenza ci può essere solo una risposta collettiva della comunità. E’ un problema che non riguarda le donne, riguarda tutti e non si può girare la faccia dall’altra parte”, ha detto Macchi, spiegando che “in queste stanze, che sono un pezzo di casa, le donne devono trovare la libertà di denunciare ma anche la fiducia in se stesse. E’ importante che dall’altra parte trovino forze dell’ordine preparate ad accogliere e accompagnare”. L’obiettivo è “fare in modo che il momento della denuncia sia il meno traumatico possibile”.