Come mai ci fidiamo più delle bufale? Le fake news: come mai si diffondono così velocemente, anche su canali ufficiali, e perché è difficile distinguerle da quelle reali? Come mai le persone preferiscono fidarsi più delle bufale allarmanti, invece di fidarsi delle notizie più competenti ma che creano meno panico?
Spesso al giorno d’oggi si sente parlare delle cosiddette fake news. Come suggerisce il nome, si tratta di articoli contenenti notizie false o ingannevoli pubblicati per creare scandalo. A differenza di quanto si possa pensare, esse sono sempre esistite, seppur in forma diversa, ma con l’avvento dei social network la loro presenza è ulteriormente aumentata. Una delle “bufale storiche” più famose è sicuramente la falsa morte di Napoleone Bonaparte nel 1814, inscenata da un uomo inglese che, vestito da ufficiale, annunciò la sconfitta di quest’ultimo. La reazione fu enorme, con gli azionisti che si precipitarono ad investire ed il conseguente arresto della Borsa più importante del Paese. Come spiega tuttavia Claire Wardle, giornalista che si è occupata di questo argomento, oggi pubblicare una menzogna spacciandola come vera è ancora più facile, anche involontariamente. Un esempio sono i giornalisti, che pubblicando una notizia reale in rete utilizzano titoli amplificati che, talvolta, distorcono la verità dell’informazione. Questi contenuti sono a loro volta condivisi da utenti che, ritenendo in buona fede la notizia attendibile, rendono il contenuto virale.
È incredibile, ma questo paradossale processo porta alle fake news, problema gravissimo per l’informazione. Seppur i loro contenuti siano allarmistici, tuttavia, sono molti coloro che credono a questi articoli, preferendoli ad altri che creano meno panico e sono più affidabili. Perché? Molti pensano che siano frutto delle scarse competenze informatiche degli utenti ritenuti più anziani, ovvero gli over 50.
Secondo una ricerca tenuta dal portale Skuola.net per la Polizia di Stato, il 93% degli utenti under 25 dichiara di saper riconoscere le fake news, mentre il 35% degli utenti con un’età superiore al 30 anni ammette di non saperle distinguere dalle notizie reali; la percentuale sale fino al 55% se consideriamo invece solo gli utenti con almeno 30 anni. Le principali cause sono sicuramente le scarse competenze informatiche, che portano l’utente “anziano” a non verificare se la notizia sia realmente attendibile, fidandosi di post aventi molti like e commenti. Inoltre, sempre secondo la ricerca, mentre il 75% della fascia più giovane tende a leggere l’articolo, solo il 53% degli over 30 non si limita a leggere l’articolo, non interessandosi del contenuto, reale o meno.
A mio parere, è sbagliato accusare esclusivamente questa minoranza di utenti di età avanzata. Infatti, pur non potendo negare i dati statistici che accusano loro di essere i principali colpevoli per le fake news, credo che sia erroneo fare di tutta l’erba un fascio; di conseguenza, anche i più giovani non possono essere totalmente “innocenti”.
In primo luogo, l’Osservatorio Internet Media ha pubblicato i dati di una ricerca secondo cui il 68% degli utenti predilige leggere una fake news perché spesso viene considerata molto simile ad una notizia attendibile. I caratteri scelti sono quindi simili a quelli di grandi testate giornalistiche; inoltre a causa di titoli spesso sensazionalistici attirano l’attenzione, tanto che, secondo i dati, il 32% degli account condivide i contenuti con degli amici. Senza tralasciare le scarse competenze informatiche dei meno giovani, si scopre che una buona parte di questa percentuale è costituita dai millennials (più precisamente il 15%). Questo accade perché queste pagine si basano sul click baiting, ovvero usano titoli curiosi e vaghi, che attirano il lettore, che poi si imbatte in una notizia dai bassi standard.
Un’altra motivazione per la diffusione di menzogne è la nascita di siti online che non si basano esclusivamente su un’attività di redazione giornalistica ma anche sull’aggregazione di informazioni pubblicate da utenti esterni. Ciò non sarebbe un problema se queste notizie sono scelte da giornalisti competenti, ma ultimamente si stanno moltiplicando anche le testate che si basano sull’automated content curation, ossia il processo per cui le notizie sono filtrate esclusivamente da un algoritmo, che speso favorisce le notizie fake. Addirittura, alcuni siti favoriscono il citizen journalism, cioè notizie scelte dagli utenti. La conseguenza è che anche un lettore desideroso di filtrare le informazioni si imbatte in false notizie e non riesce a distinguerle da quelle attendibili.
Presso il quinto appuntamento del Ventennale dell’Autorità, in una conferenza sull’importanza della buona informazione, il commissario AgCom Marco Morcellini ha parlato anche dell’influenza psicologica delle fake news. Spesso le notizie trattano di temi che soddisfano i nostri ideali, tanto che il lettore è disposto a mettere in secondo piano la veridicità dell’informazione. Ciò succede in ogni campo: la politica è la materia più soggetta a corruzione ideologica, sia che si tratti di false interviste sia di manovre distorsive; seguono la scienza e la tecnologia, per esempio proclamando vaccini (specie in questi giorni) o invenzioni inesistenti. È in grande crescita anche la manipolazione del settore sport; a quale tifoso non piacerebbe leggere un articolo su un fantastico colpo di calciomercato da parte della propria squadra del cuore (anche se senza alcun fondamento)?
Dunque si comprende che stabilire le cause di un fenomeno apparentemente semplice è complesso così come è sempre maggiormente un problema riconoscere una notizia come reale. Per fare ciò i principali siti web suggeriscono di verificare attentamente la fonte dell’informazione, ovvero di chiedersi se si tratti di una pagina affidabile e di assumere un atteggiamento critico, ovvero non fermarsi al titolo e consultare eventuali link. Inoltre bisogna essere certi che l’autore sia reale e può essere utile consultare i numerosi siti che raccolgono le bufale del web. Negli ultimi anni è infatti nato il concetto del debunking, processo in cui, utilizzando lo spirito critico, si mettono in dubbio notizie false. Il dettaglio più curioso è che uno dei principali sostenitori di questo movimento in Italia sia Piero Angela, 91 anni, quasi a dimostrare nuovamente che non tutti gli anziani sono vittime di questo fenomeno.
Per concludere, vorrei evidenziare nuovamente che, in un periodo complesso come quello che stiamo vivendo, è facile farsi influenzare da notizie che ci spaventano; ad ogni modo, seguendo le regole della corretta informazione, anche in questo caso riusciremo a proteggerci dalle fake news.
Alessandro Fusè
1A Liceo Linguistico Quasimodo