Per David Foster Wallace, il compianto scrittore, Roger Federer da Basilea รจ un’esperienza religiosa, fatta di momenti che producono sensazioni che solo chi del tennis รจ davvero amante puรฒ provare nel vederlo giocare, per comprendere, al contempo, lโimpossibilitร di quello che ha appena visto. Il pensiero รจ chiaro.
E se, ancora per Wallace, il dritto di Federer – che sta allo sport elegante che fu di Bill Tilden come il gancio-cielo di Kareem Abdul-Jabbar sta alla palla a spicchi – รจ una frustata liquida quale esercizio balistico scevro da tensioni muscolari, liquido appunto, l’aspetto che piรน misura la grandezza dell’uomo che ha sospinto la disciplina diabolica per genesi nella quarta e intangibile dimensione รจ l’oggettiva non replicabilitร del gesto.
Federer, in tal senso, รจ la personificazione dell’imperitura cupola del Brunelleschi. Snella, leggera, slanciata, dominante, caratterizzante un’epoca senza fine. Ignota, avvolta da un mistero ingegneristico che lo stato attuale della conoscenza non รจ in grado di dirimere e forse non lo sarร mai.
Piรน ci si prodiga per analizzarla nell’intimo e piรน l’opera del genio fiorentino risulta staticamente incomprensibile al punto che, cosรฌ abbacinante, non potrebbe nemmeno esistere. Ma c’รจ, perchรฉ รจ sotto gli occhi di tutti, e altre repliche di uguale concetto non ne faranno seguito. Quanto la genia dello svizzero.
Irreplicabile, dunque. Come i cosiddetti “Federer Moments”, sempre parafrasando Wallace, scampoli di vita tennistica nei quali lo svizzero, nato per mano di Chronos dall’incontro fuori tempo di Nureyev con Euclide, veste i panni di un’immortalitร mai iperbolica. Perchรฉ, se gli uomini sono di passaggio sulla Terra, la sublimazione dell’arte profusa da uomini decisamente piรน speciali di altri resta impressa in eterno. Come la cupola, insomma, o un dritto in controbalzo o una volรฉe stoppata.
Federer, il cui almanacco, en passant, รจ ancora il piรน capiente al mondo – ma ciรฒ conta davvero il giusto, quindi nulla – ha il pregio di inestimabile spessore di aver allentato nell’appassionato sufficientemente competente la tirannia del risultato, contrapponendo a essa il sublime piacere del gusto. Non in senso decubertiano, tuttavia prima il palato e poi il ‘quindici’. Per questo motivo, ossimorico ma solo per i piรน distratti, il popolo del tennis gli riserva a ogni latitudine un attestato d’amore incondizionato a dispetto di campioni innegabilmente piรน scaltri nella conta dei punti. ร la differenza abissale che intercorre tra essere e fare. Lui รจ, gli altri fanno. Anche quando lo sconfiggono.
Se parliamo di lui รจ perchรฉ oggi Roger Federer compie 40 anni, di questi almeno una ventina spesi facendo del tennis un redditizio mestiere. Una parentesi di eccellenza incredibilmente lunga, sempre a proposito di straordinarietร .
Non sappiamo quanti altri compleanni festeggerร dedicandosi all’attivitร che meglio gli riesce nella vita ma l’idea che il manifesto emblema di una disciplina meravigliosa possa essere incarnato in futuro da un archetipo del corri-e-tira qualunque lascia dietro di sรฉ un velo di malinconia. Del resto se questo signore dalla mano di seta ci ha abituato a caviale e champagne sarร prassi assai disagevole quella di rassegnarci di nuovo al pane duro di un tennis stereotipato in basso, quindi noioso. Considerato il contesto mediamente deficitario, purtroppo, non รจ un’eventualitร cosi peregrina.
Una cosa รจ certa: il privilegio di aver condiviso con Federer i nostri anni migliori รจ uno sfacciato colpo di fortuna che speriamo di esserci meritato.
Auguri , Maestro. Con commozione e tripudio tennistico.
Teo Parini