Ci sono artisti nella musica indipendente americana che hanno delle storie che mi colpiscono quasi quanto la loro musica e, devo dire, che raccontarvele diviene quasi una reazione automatica.
Adoro far conoscere questo lato della musica americana alle nostre latitudini così lontane.
Lontane in tante cose, soprattutto nella maniera di vivere la musica stessa.
La band, di cui sto per raccontarvi la breve storia, viene dall’Oklahoma e dalla parte dello stato attorno alla città di Oklahoma City, la patria del red dirt e del country rock.
In questa zona ci sono città dove le band diventano un culto, dove affollare i locali per seguire questo o quell’artista è un must. Città come Stillwater, Tulsa o appunto Norman dove si trova il The Deli. Un locale leggendario, con una storia alle spalle di oltre 40 anni di musica.
Due ragazzi crearono un seguito molto importante da queste parti, Byron White e Gabe Marshall, e fondare, in seguito, una band fu una conseguenza quasi inevitabile.
E’ così che nacquero i Damn Quails oltre vent’anni fa, una band che ha avuto un ruolo importante nell’esplosione di un genere in Oklahoma che ancora oggi è il più amato da quelle parti e non solo.
Da una band con una storia ventennale ci si aspetterebbero molti più album e invece questo di cui fra poco vi racconterò, è solo il terzo della loro discografia.
Una discografia iniziata nel 2011, dopo un’attività live incredibile, con “Down the Hatch”, un album che fece davvero successo all’epoca e li proiettò nell’Olimpo del red dirt, un disco ottimo oscillante fra il country rock e il folk. Un lavoro che fece aumentare a dismisura la base dei loro fans che fra loro si chiamavano “The Covey” (lo stormo, visto che il loro nome significa letteralmente Le Quaglie Maledette, ndr).
E’ qui che successe l’imprevedibile e cioè vennero coinvolti nell’implosione della etichetta discografica che li aveva lanciati. Anni di roventi dispute legali sui diritti delle canzoni e anche del nome sui quali ovviamente i Quails rivendicavano la proprietà.
La band non si arrese a questi eventi avversi e ricominciò ad andare in tour per i locali, accrescendo la “Covey” in maniera esponenziale.
Proprio grazie al crowdfunding organizzato dalla loro base di seguaci, i Damn Quails riuscirono a pubblicare il loro secondo disco nel 2015: “Out of the Birdcage”.
Altro giro, altro successo. Un disco davvero esplosivo che però chiese un conto molto alto.
I membri della band, stremati da un numero di concerti spropositato, stavano avendo seri problemi famigliari e di salute. Non potevano reggere quello stress e nel 2016 decisero di fermare tutto.
Uno stop davvero scioccante per la Covey, già in attesa del seguito del disco del 2015.
Una pausa durata oltre 6 anni e che ci ha portati a questo 2022.
In realtà White fece qualche apparizione, ci furono dei concerti, ma niente che faceva pensare ad un ritorno.
Invece l’incontro, anzi il nuovo incontro, con il musicista e produttore John Calvin Abney, che negli anni aveva già suonato nei loro tour, è stato determinante per ritrovate il sound e per recarsi al Cardinal Song Studio a Oklahoma City di proprietà di Michael Trepagnier.
La chimica non era svanita e in soli quattro giorni di takes, i Damn Quails tornano con gli 11 pezzi di questo splendido album, come se non ci fossero mai stati 6 anni di assenza.
Premete play e fatevi trascinare dal sound divertente e solare di Monsters, dove la voce di White e la produzione eccezionale fanno davvero la differenza.
Nel disco troverete anche la splendida voce della sorella di White, Kierston, anche lei artista che si esibisce al Deli e quella della fantastica Jamie Lin Wilson, cantautrice red dirt fra le più apprezzate del circuito.
La tile track è puro country rock con quel ritmo che solo un artista red dirt riesce a regalare a dei pezzi, il tocco del violino di Kevin “Haystack” Foster (presente nel disco anche alla pedal steel) è un gioiello per palati fini. Forse uno dei pezzi migliori del lotto.
Nella ballata Mile By Mile, sorretta dalle tastiere, la voce di White regala una prestazione da 10 e lode e i cori che lo accompagnano aggiungono profondità ad un pezzo davvero riuscito.
C’è spazio per il groove indiavolato di The Punxsutawney Rambler, country avvolto nella terra rossa dell’Oklahoma, ma anche per la delicata malinconia texicana nella ritmata Golden Sands of Leyte, che sfocia quasi in una ballata western. Molto evocativa.
Peace in the Valley (King of the Hill) è una ballata che ancora mette in risalto il talento di narratore folk di Byron White, ma anche la sua splendida voce. Un pezzo che è più folk rock che country, malinconico, intenso e con un’armonia da brividi, arricchita dal pianoforte del talentuoso Abney e dai cori della sorella di White. Altro grande pezzo.
Il lavoro si chiude con Good Times!?, una ballata acustica che ancora una volta ci dimostra quale potenza espressiva abbia la voce di White, lo so mi ripeto, ma davvero il cantato di questo artista riempie l’anima e il cuore, suadente e non banale, mentre ci parla dei bei tempi andati quando una persona cara ci abbandona. Toccante e intensa.
Un ritorno davvero di alto livello da parte di una band che pensavamo persa per sempre, una piacevole sensazione di aver ritrovato degli artisti che hanno ancora tantissimo da dare alla musica americana e che dal vivo, ne sono certo, regaleranno a questi pezzi ancora più intensità. D’altronde questa, come quasi tutte le band di questa parte del mondo, sono nate per stare su di un palco e speriamo che stavolta lo stress dei live e della vita da strada, non influenzeranno più così negativamente le loro vite. Abbiamo bisogno che band col talento dei Damn Quails, continuino a regalarci perle come questa.
Buon ascolto,
Claudio Trezzani by Trex Roads www.trexroads.altervista.org
(nel blog trovate la versione inglese di questo articolo a questo link : https://trexroads.altervista.org/clouding-up-your-city-the-damn-quails-2022-english/