Le stavkirker, ovvero le impareggiabili chiese di legno innalzate senza l’uso di chiodi, furono prevalentemente costruite tra il XII e il XIV secolo, anche se, dopo la terribile Peste Nera del triennio 1347/49 che falciò per 2/3 la popolazione norvegese, ne sorse qualcun’altra. Il morbo fu così funesto che, per tornare allo stesso livello demografico, si dovette attendere il Seicento.
Durante quei 250 anni la maggior parte di questi fantastici edifici non resistettero all’incuria degli uomini i quali, così pochi che erano, li abbandonarono al loro destino e al duro clima scandinavo, soprattutto quelli posti molto a nord: si sa, ad esempio, di una chiesa distrutta da una micidiale tempesta di vento. Nell’Ottocento poi, parte delle 70 chiese rimaste, furono demolite per le loro precarie condizioni, e di quelle rimaste, alla fine di quel secolo, fortunatamente si interessò la Società per la Conservazione degli Antichi Monumenti Norvegesi, che ne salvò una trentina e oggi, questa eredità architettonica è inclusa nel patrimonio UNESCO.
Metà delle chiese sopravvissute sono caratterizzate da una navata centrale delimitata da pilastri dai capitelli finemente intagliati con immagini di animali favolosi e da pareti e soffitti meravigliosamente decorati da pitture.
Nell’arco dei secoli, queste costruzioni hanno subito vari interventi, e così, all’inizio del Novecento si pensò di riportarle il più possibile a com’erano in origine. Attualmente parte di queste chiese sono parrocchie frequentate da fedeli di religione evangelica luterana, altre sono divenute musei che riprendono la loro funzione solo in occasioni di battesimi e matrimoni.
Comunque, qualunque sia il loro utilizzo le stavkirker sono capolavori di ingegneria composti da almeno 2.000 differenti pezzi che stanno insieme, come anticipato, grazie a un complesso sistema di incastri, staffe e bretelle.
Sono le colonne, dette staves, ad aver dato il nome a queste costruzioni, di cui sono gli elementi portanti; mentre i fiabeschi portali intagliati con disegni a spirale, figurine di animali, di personaggini e a volte con caratteri runici coi quali i maestri carpentieri si firmarono, non hanno una funzione strutturale, ma solo decorativa.
Ma come hanno potuto resistere all’incuria del tempo le chiese sopravvissute? È stato grazie all’uso di pini di foreste vecchie centinaia d’anni; il cui durame, ovvero il cuore del legno che è la parte più spessa e resistente di un albero, ha contrastato l’umidità, evitato muffe e insetti, in quanto il tipo di pino scelto aveva un’alta concentrazione di resina, un idrorepellente naturale.
Bellissimi i tetti con le scandole a scaglie di pesce, e che sembrano un insieme di abbaini che creano una sorta di castello di carte, e sopra i quali svettano dragoni. Le stavkirker più note si trovano nel Vestlandet e nell’Østlandet regioni dal clima più secco e mite.
Prima della Riforma protestante le chiese erano decorate da dipinti, poi i decori e gli arredi furono rimossi perché, come si sa, i protestanti amano la semplicità e chiese spoglie. Fortunatamente taluni di essi sono stati conservati e si possono ammirare nei musei. Comunque, vederle dal vero, e mettere piede in quelle che hanno mantenuto le decorazioni, le suppellettili, gli altari, le statuette e respirare questo odore di legno antico, è una grande emozione che evoca perfettamente l’idea di un luogo di culto medievale di una Norvegia arcaica passata dal paganesimo al culto cristiano.
A cura di Luciana Benotto