MILANO – Quando anche l’albero di Natale si spegne piazza Duca d’Aosta a Milano, davanti alla stazione Centrale, cambia volto. Per alcune ore diventa terra di nessuno. È vietato entrarci, il rischio di essere aggrediti è troppo elevato. Anzi, è praticamente certo. I cancelli della stazione chiudono alla 1.30 e l’addetto alla sicurezza ammonisce: “Andate a cercare un B&B, non passate la notte qua fuori. C’è brutta gente. Potrebbero accoltellarvi anche soltanto per portarsi via le vostre scarpe”. E aveva ragione. Alla 1.30 quando anche l’ultimo utente in attesa del taxi lascia la zona, comincia uno spettacolo che non può appartenere ad una città che abbiamo sempre vantato come una delle più belle in Europa.
Tre sudamericani si avvicinano, ci circondano: “Senti, voglio parlare”, dice un ragazzo che non avrà avuto 18 anni. “Non avere paura, perché hai paura, mica ti sto facendo qualcosa”. “Se mi dici dove possiamo andare a dormire bene, altrimenti dacci i soldi”. La nostra reazione ha avuto effetto: “Anche noi stiamo cercando un posto per dormire”. Non ero molto credibile, ma alla fine li abbiamo convinti e se ne sono andati. Percorriamo qualche centinaio di metri. Un magrebino ci ferma: “Vuoi la bamba? Roba buona e costa poco”. Fingiamo di non vedere. Ma lui insiste. È un problema perché non se ne va. Sa che non abbiamo alternative e ci sta addosso. Acceleriamo e lui, grazie al cielo, desiste.
Ne incrociamo un altro e il ritornello si ripete: “Ho tutto quello che vuoi a poco prezzo. Bamba buona, costa poco”. Cominciamo a pensare di essere benedetti dal Signore se dopo un’ora di attacchi (saranno stati una decina i venditori di cocaina che ci hanno offerto di tutto a buon prezzo) non ci hanno ancora rapinato. Entriamo nei portici occupati dagli africani e la settima bolgia dell’inferno a confronto sembra il paradiso. Il degrado è indescrivibile. Un clochard italiano mi urla: “C. hai da guardare. L’africano di m. mi ha rubato tutto porca…”. I ragazzi di colore urlano, spaccano le bottiglie a terra. Quel tratto di portici è disseminato di rifiuti. Usciamo da quella zona. Ci fermiamo e ci guardiamo attorno. Decine, decine e ancora decine di senza tetto che dormono soffocati da quintali di coperte.
Un ragazzo seduto su un gradone di fronte alla stazione Centrale guarda fisso nel vuoto. Lo avevo notato appena arrivati e avevo lo stesso sguardo perso nel nulla. Non stava dormendo. Perché non puoi dormire seduto su un gradone. E poi il primo giorno senza dormire al freddo e al gelo in Centrale lo puoi anche fare. Il secondo diventa pesante. Dal terzo in poi diventi un morto che cammina, che non pensa. Uno zombie che ha lo sguardo perso di chi si fa di tutto quello che è possibile e inimmaginabile per resistere al freddo. Non c’è uno spazio sicuro in quell’inferno. Il Sergente Maggiore della fanteria Alpina in servizio per l’Esercito Italiano davanti alla stazione Centrale allarga le braccia.
“I pochi metri sicuri sono quelli davanti a noi, ma appena più in là sta succedendo di tutto – spiega – Oggi siamo solo io e la collega e una pattuglia che circola. Certo, in caso di necessità c’è la Polizia e ci sono i Carabinieri. Ma questa è terra di nessuno. Anche per noi intervenire a volte è un grosso problema”. Alle 4 in punto si scatena una rissa. Qualcuno comincia a urlare. Un altro afferra per il collo un tale che sbraitava e voleva la Polizia. “Oggi è una nottata tutto sommato tranquilla, devi vedere certe volte cosa succede”, dice il Sergente. Alle 4.30 aprono i cancelli della stazione Centrale. Alle 5 ritorna la normalità. Dopo l’inferno.