Sparò e uccise il figlio nel Verbano, ‘ogni mese pagavamo 1.500 euro di debiti’

Il padre,"anche se in pensione abbiamo ricominciato a fare dei lavoretti"

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“Quello con mio figlio non era un gran rapporto, da parte sua non voleva parlare. Io cercavo di responsabilizzarlo, gli dicevo che non poteva chiederci sempre
soldi. Aveva uno stipendio da 1300 euro ma pretendeva denaro.
Ogni mese dovevamo far fronte a circa 1500 euro di suoi debiti,
ad esempio per i danni alle macchine e gli avvocati. Per questo,
anche se in pensione, abbiamo ricominciato a fare dei
lavoretti”.

Lo ha raccontato in aula Edoardo Borghini, a
processo per avere ucciso il figlio 34enne con due colpi di
fucile a Ornavasso (Vco), descrivendo la situazione che si
viveva da tempo nella casa dove il 19 gennaio scorso ha sparato
al ragazzo che stava aggredendo lui e la moglie.

“È sempre stato un ragazzo che non stava alle regole” ha
aggiunto l’uomo. Fin da piccolo, quando gli venne diagnosticata
una difficoltà nel controllo degli impulsi. Borghini ha definito
quella in cui vivevano lui e la moglie una situazione di
“soggezione psicologica”. Per descrivere l’aria che si respirava
in casa, Borghini ha riferito tra le altre cose che “da alcuni
anni Nicolò non mangiava più con noi: gli davamo fastidio,
diceva con un messaggio a mia moglie che cosa doveva cucinare e
poi quando finiva di mangiare iniziavamo noi e lui si
rinchiudeva in camera”. Tra le pretese avanzate dal figlio e
riferite dal padre, anche la cifra di quattrocento euro al mese,
nonostante lo stipendio guadagnato per il suo lavoro in
fabbrica: “Quando gli dissi che non glieli volevo più dare mi ha
risposto ‘Non se ne parla nemmeno'”.

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