Sinner, anatomia di un trionfo che ci ripaga da decenni di pane duro. Di Teo Parini

Parla chi, da queste colonne, capì tutto sin dal 2021

+ Segui Ticino Notizie

Ricevi le notizie prima di tutti e rimani aggiornato su quello che offre il territorio in cui vivi.

E così, siamo stati più fortunati dei bookmakers. Medvedev favorito, ovviamente, ci poteva stare ma, per dirla alla maniera tommasina, i pronostici li sbaglia soltanto chi li fa e questa volta ha detto bene a noi che nella cavalcata di Sinner avevamo intravisto la gloria. È stata dura, anzi durissima. Perché se c’è qualcosa che non si può allenare è proprio l’esperienza che esige sempre il suo tributo e così anche un ragazzo glaciale come Jannik Sinner si è visto costretto a mettere mano al portafoglio. Un obolo lungo e pesante due set, i primi, di fatto non giocati perché, appunto, la finale Slam da debuttante è comprensibile faccia brutti scherzi. Medvedev che, al contrario, da queste parti ci era già passato più volte, dai blocchi di partenza è scattato come una molla; uno squalo che fiuta l’odore del sangue. Le ultime scoppole rimediate con l’azzurro sul finire del 2023, inoltre, devono averlo ben consigliato, del resto Daniil è ragazzo estremamente intelligente, perché alcune correzioni tattiche – la posizione avanzata in risposta su tutte – hanno scompaginato i piani del suo avversario che, complice la tensione, ci ha capito davvero poco per almeno un’ora e mezza. Quella che è servita al russo per incamerare due parziali simmetrici, 6-3 6-3 lo score, senza appello, frutto anche di una concretezza al servizio da scoraggiare qualunque tipo di ambizione.

In piena tormenta, però, tra prime palle di servizio che non trovano il campo e una diagonale rovescia che incoccia la versione deluxe di Medvedev finendo sbriciolata, c’è qualcosa che fa pensare non sia ancora finita, che ci sia vita dentro Jannik: il body language. Quello di chi ha imparato a rigettare il concetto di sconfitta, almeno finché non finisce fuori l’ultima palla. Non a caso, l’essersi trovato sul cornicione è stato motivo di switch mentale, quello che può sempre aprire una nuova partita. Con Medvedev che ha sciaguratamente dilapidato energie preziose nel corso dei primi turni e che, snaturando un po’ il suo tennis canonico, ha dato fondo alle riserve mentali per fare da lepre in questa finale, il pensierino che deve aver dominato la mente di Sinner in quel frangente è quello di avere come migliore alleato il tempo, quindi un’ultima fiche pesante da giocare. Perché, ragionando lucidamente, il suo tennis non avrebbe potuto che crescere mentre quello del suo avversario avrebbe presto imboccato il ramo discendente della parabola. La pazienza dei forti, un’arma micidiale.

E un’altra partita è iniziata davvero, con Sinner che si è messo a fare il Sinner post novembre 2023, quindi ingestibile, imponendo ai rally talvolta infiniti un ritmo forsennato e svuota-polmoni, e con Medvedev, a fare da contraltare, che si è visto rubare progressivamente campo da un rivale che sembrava nutrirsi di fatica per essere sempre più dominante, punto dopo punto, minuto dopo minuto. La sensazione, strappato il terzo set con un break chirurgico in chiusura di esso, era che Jannik avesse messo la freccia e che per tagliare in solitaria il traguardo fosse, appunto, solamente questione di tempo. Detto del linguaggio del corpo dell’italiano, robotico, lo sguardo di Medvedev si è invece fatto cupo, parallelamente alla perdita di aggressività dei colpi che lo ha costretto a subire il cannoneggiamento dell’azzurro e a macinare chilometri alla stregua di un maratoneta. Se il risultato è rimasto comunque in bilico fino alla fine è perché – giusto ribadirlo – il russo è un campione vero. Uno di quelli che con la spia della riserva accesa e senza più frecce nella faretra trova lo stesso il modo di vendere cara la pelle, vada come vada. Aggrappandosi al servizio, Daniil è rimasto lì, stanco ma non disposto a fare regali e dev’essergli riconosciuto.

Tuttavia, quando dalla metà del quarto set è tornato ad assumere una posizione in risposta al servizio così arretrata da uscire dal campo visivo delle telecamere è stato definitivamente chiaro a tutti che non sarebbe stato lui il nuovo campione dello Slam australiano. Nel gergo rugbistico, Medvedev è arrivato corto alla linea di meta mentre, sempre attingendo dal mondo della palla ovale, le ondate di Sinner hanno spezzato i placcaggi a difesa del fortino. In sostanza, si fosse trattato di boxe, una vittoria per ko tecnico, con lancio dell’asciugamano dall’angolo del russo. L’autorità, infine, con la quale Sinner ha chiuso il match sancisce un’appartenenza, quella al club di chi, in prossimità della fiamma rossa dell’ultimo chilometro, non trema nemmeno di fronte alla morte. Insomma, l’Italia ha per le mani un campione vero. Moderno, che potrà non essere il più spettacolare di tutti nel gioco ma che vincente lo sarà di sicuro.

In questa giornata di vera gloria, un pensiero va immediatamente al nostro Adriano Panatta che finalmente non è più solo e immaginiamo possa essere felice di condividere il privilegio che spetta ad un vincitore Slam insieme a Jannik. I tempi sono cambiati, con il tennis che sembra non essere nemmeno più un parente di quello reso entusiasmante da Panatta, e noi, inguaribili romantici nonché fanatici della bellezza, fatichiamo un po’ ad entrare in sintonia con l’evoluzione dello sport del diavolo. Jannik Sinner, però, di questo tennis è espressione luminescente e ci ripaga di tanti, troppi anni di pane duro, quando giocoforza ci siamo abituati a vedere vincere sempre gli altri. Per chiudere, un bravo va anche alla coppia di coach Vagnozzi-Cahill e a chi nella peggior diffidenza possibile, quella del post-Piatti, ha creduto con coraggio proprio in Vagnozzi. Uno che da giocatore alla pallina sapeva dare del tu e che qualche aggiustata tecnica a Sinner – il back di rovescio, per esempio – oltre ad un pizzico di fantasia qua e là ha saputo darla. Più che un azzardo un’altra scommessa stravinta dal team.

Non riusciamo ad aggiungere altro. Oggi, per chi il tennis è sempre meraviglioso paradigma di vita, è una giornata davvero speciale. Quindi, grazie Jannik, ci hai reso davvero felici.

■ Prima Pagina

Ultim'ora

Altre Storie

Pubblicità

Ultim'ora nazionali

Altre Storie

Pubblicità

contenuti dei partner