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Siccità in Pianura Padana: i parchi lombardi chiedono un confronto con le istituzioni per far fronte a una situazione senza precedenti

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MILANO – Da dicembre a fine febbraio l’Italia ha subito un drastico calo delle precipitazioni: esattamente il 60% di neve e l’80% di pioggia in meno rispetto alla media stagionale. Già a gennaio l’Arpa aveva comunicato che i millimetri di pioggia caduti erano stati solo 4,8 mentre nello stesso periodo in passato se ne registravano in media 46: dieci volte meno nel volgere di un solo anno.
 

All’assenza di precipitazioni si associa un fine inverno straordinariamente caldo: una media stagionale di 1.7° C in più rispetto al trentennio 1981- 2010. Le temperature anomale hanno interessato in particolare il Nord-Ovest (+2.6°C). Siccità vuol dire meno acqua. Anche per arterie fluviali come il Po (e i suoi affluenti), nel cui bacino si produce il 40% del Pil nazionale e che contribuisce all’approvvigionamento idrico di 16 milioni di persone. I Parchi lombardi sono preoccupati perché questa è la prima volta che la crisi idrica inizia a fine inverno, quando terreni e falde acquifere si riforniscono in vista dell’estate. Si tratta di un problema globale, ma sono i parchi fluviali a risentirne maggiormente sia perché preoccupati per la tutela dell’ecosistema e della biodiversità fluviale, sia perché questa grave crisi si verifica proprio nel momento in cui si apre la stagione irrigua. In questa particolare condizione di carenza idrica i Parchi lombardi e soprattutto quelli fluviali stanno collaborando con Regione Lombardia al fine di monitorare l’evoluzione della situazione e mettere in campo tutte le azioni più opportune. “Il nostro Ente con tutti i suoi settori – spiega la presidente del Parco lombardo della Valle del Ticino Cristina Chiappa, nonché vice coordinatore Federparchi Lombardia – è attento a questa importantissima risorsa e attua misure per preservarla, conservarla e migliorarla. I fenomeni siccitosi degli ultimi anni stanno provocando ingenti danni agli elementi che compongono la biodiversità e a tutte le attività, in particolare quelle agricole, con danni al suolo, che per essere recuperati necessitano di periodi lunghi diversi anni. Nella nostra pianura irrigua padana, l’acqua per l’agricoltura non arriva dai pozzi e quindi possiamo fare qualcosa per le nostre falde. La nostra agricoltura deve tornare ad usare l’acqua per risparmiarla, immagazzinandola nelle falde: ben vengano quindi la circolazione della risorsa idrica nella rete irrigua in inverno, nelle marcite, sui prati e nelle risaie; ben venga anche il ritorno alla semina del riso in sommersione, con tutta la sua ricchezza in uccelli, anfibi e insetti, oggi quasi scomparsi per la diffusione della semina del in asciutta che sta desertificando la pianura risicola. Queste sono alcune delle strategie messe in campo dal Parco del Ticino. Il rischio è che la siccità nei prossimi decenni sia sempre più frequente e che prima o poi si debba decidere chi avrà diritto all’acqua: le città, i campi o i fiumi”. Particolarmente sensibile a questi temi, gli attori istituzionali alla condivisione di idee e, possibilmente, di soluzioni per attutire gli effetti della siccità, un problema gravoso che tocca gli interessi di più parti, oltre a un richiamo ai comportamenti corretti nel quotidiano contro gli sprechi.

“Partecipiamo, unitamente alle altre aree protette regionali maggiormente interessate al tema, agli ulteriori enti e soggetti coinvolti, al dibattito e al confronto di queste ultime settimane, promosso a livello regionale e volto ad affrontare le criticità conseguenti alla crisi idrica di questa tanto particolare annata, che significativamente incidono sulla stagione agricola in avvio, sul sistema ambientale, con risvolti concreti sull’economia della pianura padana, sulla conservazione della funzionalità degli ecosistemi fluviali, ma anche sugli approvvigionamenti idrici umani, rendendo tangibili gli effetti dei cambiamenti climatici e le strette relazioni tra settori e ambiti spesso vissuti solo come contrapposti – dichiara la Presidente del Parco Adda Nord Francesca Rota – cogliamo l’occasione per una riflessione e un invito alla coesione di intenti, di buone pratiche, che non sia limitata alle situazioni estemporanee di crisi, ma diventi modalità di approccio alle grandi sfide ambientali ed economiche che siamo chiamati ad affrontare con scelte e soluzioni consapevoli, condivise, trasparenti, di mediazione, nel riconoscimento e rispetto di tutti i valori e delle esigenze che ciascun ente o soggetto rappresenta”.

I Parchi fluviali lombardi

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