Scontri a Milano, Piantedosi: “Responsabilità anche degli organizzatori”. Arresti e indagini in corso

Al lavoro Digos e Procura

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Saranno le indagini della Digos, coordinate dalla Procura guidata da Marcello Viola, a chiarire il quadro della guerriglia urbana esplosa ieri pomeriggio a Milano, al termine del corteo pro Gaza. Le analisi dei filmati e le prime identificazioni puntano a una “galassia” eterogenea di qualche centinaio di giovani, tra cui anche minorenni, che hanno tentato l’assalto ai binari della stazione Centrale e provocato danni, come alla porta-finestra d’ingresso della Galleria delle Carrozze.

Le forze dell’ordine hanno respinto l’irruzione e già effettuato cinque arresti in flagranza differita: due studentesse universitarie di 21 anni legate al centro sociale Lambretta, due minorenni di 17 anni – un ragazzo e una ragazza, entrambi studenti – e un 36enne italiano senza fissa dimora e con precedenti.

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha sottolineato che “una regia complessiva è tutta da dimostrare, ma ci sono state sicuramente responsabilità in alcuni contesti anche da parte degli organizzatori”. Il capo del Viminale, che ha ringraziato le forze dell’ordine per l’operato, ha aggiunto che “a Milano 500 persone si sono staccate dal corteo ed hanno dato vita agli scontri. Sono soggetti provenienti da ambienti ben individuati. Gli organizzatori – come dimostrato a Roma, dove 50mila persone hanno manifestato senza incidenti – possono agire per allontanare e isolare i facinorosi”.

Sulla vicenda è intervenuto anche il vicepremier Matteo Salvini, che ha rilanciato la proposta di introdurre una “cauzione” a carico di chi organizza cortei e manifestazioni: “In caso di danni, pagheranno di tasca loro”.

Le indagini si concentrano su gruppi di antagonisti e anarchici, ma non solo. Secondo gli investigatori, a cavalcare gli scontri sarebbero stati anche i cosiddetti “maranza”, giovani di seconda generazione solitamente coinvolti in risse e microcriminalità, che in questo caso avrebbero sfruttato la causa palestinese come pretesto per scatenare violenza, alla maniera dei “casseur” delle banlieue parigine. Diversamente dagli estremisti più organizzati, molti di loro hanno agito a volto scoperto.

Oggi la giudice delle direttissime, Francesca Ghezzi, ha convalidato gli arresti delle due 21enni, che dopo una notte in camera di sicurezza sono state rimesse in libertà con obbligo di firma settimanale. Il pm Elio Ramondini ha contestato loro la resistenza aggravata in concorso, accusa estesa anche ai due 17enni detenuti al carcere minorile Beccaria.

Secondo la ricostruzione della Procura, le due universitarie avrebbero cercato di sfondare il cordone di polizia nell’atrio della Centrale, colpendo gli agenti con calci e pugni e continuando a scalciare anche dopo essere state bloccate. I difensori, gli avvocati Mirko Mazzali e Guido Guella, sostengono invece che le ragazze siano state spinte dalla folla e non abbiano avuto alcuna intenzione di sfondare i blocchi.

Il 36enne arrestato, con precedenti penali, è accusato non solo di resistenza aggravata ma anche di lesioni a un agente, ferito con prognosi di cinque giorni durante una colluttazione. Per lui la Procura ha chiesto la custodia cautelare in carcere.

Dagli atti emerge che solo una parte dei manifestanti ha effettivamente sfondato i blocchi, mentre la maggioranza del corteo ha rispettato le disposizioni delle autorità. Resta da valutare se potrà essere contestato anche il reato di devastazione, già discusso senza esito dopo le violenze del primo maggio 2015 durante il corteo No Expo.

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