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San Giorgio su Legnano contro la violenza sulle donne: “Una battaglia di civiltà di tutti e per tutti”

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SAN GIORGIO SU LEGNANO –  I dati sono tragici quanto eloquenti: una donna su tre, nel mondo, ha subito una violenza sessuale. E basterebbe anche solo questa statistica a evidenziare come la battaglia per garantire alla donna la dignità e il rispetto che deve avere in quanto essere umano sia ancora lunga da combattere. Nel contrastare il dramma della violenza di genere che molti uomini perpetrano su donne indifese soffocando la loro vita e spesso le loro speranze anche San Giorgio ci mette la sua piccola ma significativa goccia. Il suo primo passo è stato inaugurare una panchina rossa che, come ha detto il sindaco Walter Cecchin, “deve simboleggiare il rosso non colore della violenza ma dell’amore e del rispetto”. Il secondo passaggio, ma per importanza bisognerebbe forse dire il primo, è stato la promozione di una serata molto partecipata dedicata al tema. Che non configura soltanto una violenza alla donna ma un vero e proprio crimine contro l’umanità e il valore intangibile della persona.
A portare un utile e corposo contributo di riflessione hanno provveduto al riguardo le parole di Laura Roberta Satta, avvocato del foro di Busto Arsizio e tra le fondatrici dell’associazione “Filo Rosa” che assiste le donne vittime di violenza e Laura Ghiringhelli, dirigente psichiatra dell’ospedale di Legnano. Da entrambe è emersa una serie di concetti base: in primo luogo il fenomeno non deve affatto essere sottovalutato né ce ne si deve ricordare soltanto quando accade purtroppo un omicidio di una donna. Omicidio di una donna, quindi di una persona, non femminicidio, che, ha  detto Satta, “è termine improprio perché la violenza è fatta contro una persona”. Quindi ecco anche, secondo aspetto,  l’importanza di servirsi di un linguaggio adeguato per parlarne. Terzo aspetto, la competenza. Anche in questo caso le parole di Satta non hanno lasciato adito a dubbi: “spesso – ha spiegato – purtroppo non vi è sufficientemente competenza per affrontare queste situazioni, duole dirlo ma a volte vi è impreparazione anche tra alcuni esponenti delle forze dell’ordine, esponenti della categoria medica e anche nel mio mondo, quello degli avvocati, bisogna allora lavorare anche sul discorso dell’acquisizione di una preparazione adeguata”. Ma a fare la loro parte sono invitate anche le famiglie e le scuole. Quarto aspetto, assistere una donna vittima di violenza non significa né giudicarla né mettere sotto la macchina della verità le affermazioni che fa. Sotto questo aspetto chiare sono state le parole di  Ghiringhelli: “quando riceviamo una persona da assistere nella struttura che si è costituita all’ospedale di Legnano – ha ricordato – il nostro pensiero è intanto di garantirle un ambiente adatto in cui possa raccontare quanto le è accaduto, le rivolgiamo una serie di domande sul suo contesto familiare, lavorativo  e relazionale, la ascoltiamo con molta attenzione senza giudicare perché non è nostro compito giudicare ma capire quale sia la situazione e poi mettere in moto le competenze necessarie”.  Quando poi si parla di violenza a una donna, ha sottolineato Satta, occorre tenere presente che con questo concetto si designano una serie di soprusi fatti alla dignità della sua persona, dalla violenza fisica a quella economica. E che spesso queste violenze sono messe in atto da persone molto vicine alla donna stessa, mariti, fidanzati o amici. Le statistiche concernenti la Lombardia, su questo, non lasciano spazio alcuno al fraintendimento: il 31,4 delle donne tra 16 e 70 anni ha subito violenza e nel 64 per cento dei casi tale violenza è stata usata dal partner e nel 27 dall’ex partner. Ma affrontare il problema della violenza di genere è anche un fatto culturale. E qui si affaccia, da un lato, il discorso del coraggio che la donna deve avere nell’effettuare la denuncia e dall’altro quello del rendersi conto di questo suo diritto, come di quello, sancito dalla legge e spesso non conosciuto, di avere diritto a una difesa gratuita. “A volte – spiega Satta- la donna non percepisce il reato come tale, perché è convinta che con il matrimonio debba sempre essere congiunta al marito come un obbligo, occorre rovesciare assolutamente questo concetto”. Il rischio, ha sempre sottolineato Satta chiamando qui in causa i mezzi di comunicazione, è sempre quello di raccontare l’accaduto per stereotipi e banalizzare. “E’ molto fuorviante-  afferma- usare termini come uccisa da un raptus, non è il raptus ma l’uomo a uccidere la donna, e poi spesso nelle cronache, quando è uccisa una prostituta, a esempio, si enfatizza il fatto che sia una prostituta, ma è una donna a essere stata uccisa, la prostituta è una donna”.  Altro elemento importante è saper leggere i messaggi che una donna manda quando è stata vittima di violenza. Questo, ha evidenziato Ghiringhelli, si presenta come fattore estremamente determinante per cominciare a mettere in moto il processo di aiuto nei suoi confronti che si attua in un percorso compreso tra la presa d’atto della violenza subita e la riacquisizione di una speranza verso il futuro. Vi è certamente insomma ancora parecchia strada da compiere per contrastare il dramma della violenza sulle donne. “Purtroppo – dice Satta- miglioramenti non se ne vedono anche se l’ultima legge che è stata varata introduce novità importanti riguardo alle tipologie di reato; ma è chiaro che occorre dilatare le competenze”. La sua è la voce di chi ha seguito, in questi anni, oltre cento casi di questo genere. E di chi sa, e dice con chiarezza, che l’attenzione non possa limitarsi all’indizione di una giornata internazionale contro la violenza sulle donne né a qualche riflessione dopo che è avvenuto un caso di omicidio. Attenzione da tutti, ciascuno per le proprie competenze, e costante, per riuscire a ridare a una donna vittima di violenza una vita color della fiducia verso il domani. Un concetto che ambedue le relatrici, ciascuna per il proprio ambito di competenza quotidiana, ha evidenziato con forza. Una battaglia di civiltà. Di tutti e per tutti.
Cristiano Comelli   

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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