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Roberto Vallepiano alla ricerca della sinistra perduta- di Teo Parini

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Vallepiano R., Ufficio sinistri – Il buco nero in cui è scomparsa la sinistra,
Ed. Bepress, 2017
Roberto Vallepiano, agitatore culturale per desossiribonucleico, non ha peli sulla lingua. Poeta, attivista politico, scrittore e tanto altro, con quest’opera impeccabile lancia un’invettiva – un metaforico sasso nello stagno melmoso della politica – nei confronti della sinistra italiana. Quella snob e salottiera che i francesi sono soliti apostrofare “gauche au caviar”, al caviale, colpevole di aver abbandonato ogni forma di lotta sociale in nome di denaro, vanità e potere, contribuendo così all’erosione dei diritti dei lavoratori e delle classi subalterne tout court. Un delitto.
La sinistra che strizza l’occhio al capitale, che, cestinato Gramsci e il suo inestimabile patrimonio culturale, ha finito miseramente per idolatrare un nugolo di leader impresentabili. Macchiette, affabulatori del nulla, caricature di loro stessi. Personaggi dediti ai peggiori compromessi politici e pronti a tradire, cavalcando l’onda dei diritti individualistici borghesi, la speranza che il popolo aveva riposto in loro. Eredi del più grande partito comunista dell’Europa occidentale, svenduto, smantellato e infine allineato ai dettami del liberismo sfrenato. A ben pensarci non esiste peccato peggiore.
Una sinistra, parafrasando l’autore stesso, più aggettivo qualificativo che soggetto e che ha il “merito” di rendere necessario uno scritto come “Ufficio sinistri”, più che mai bussola di un’epoca che ha perso i suoi riferimenti. Un lavoro, educativo e dissacrante insieme, che delinea il baratro in cui è precipitata la società del consumismo quale dogma, che ha sdoganato gli impulsi più beceri legittimando ogni forma di sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Una società che modella sé stessa unicamente in chiave profitto, priva di vocazione collettiva e che, viceversa, idolatra e foraggia individualismo, ego e malaffare.
Vallepiano, in questo buco nero forse irridimibile, evidenzia con una narrazione diretta, pungente e libera dalle catene del politicamente corretto le responsabilità schiaccianti della sinistra che ha attraversato gli ultimi settant’anni della storia italiana. Quella che una volta assunto il potere si comporta alla stregua dei partiti di destra a cui solo teoricamente si contrappone, che strizza l’occhio ai padroni, alle banche e alle élite sovranazionali, anziché prodigarsi nel rimettere al centro della questione la dignità degli ultimi. Beffeggiati, come non bastasse, dalla spocchia di sedicenti intellettuali al cashmere che furoreggiano sui rotocalchi padronali mainstream.
Spontanea sorge una domanda. Come fare, quindi, per ricomporre nel nostro paese una sinistra autentica, non farlocca, che stia nel concreto dalla parte del popolo? Uscire dalla staticità – scrive all’uopo Vallepiano – per rimettere in movimento idee e corpi, con impegno politico, immaginazione, fantasia, creatività e lotta. Sì, lotta, anche nel secolo XXI.
Ogni viaggio, anche il più impervio, inizia sempre con un passo. Leggere “Ufficio sinistri”, cogliendo l’invito dell’autore a spingersi in riflessioni costruttive e dibattiti, può senz’altro essere un ottimo inizio per ripartire. Per chiudere, infine, un frammento di una celebre chiosa di Bertolt Brecht che, con il vaso di Pandora scoperchiato magistralmente da Roberto, calza davvero a pennello. Scrisse infatti il drammaturgo: “Chi ai nostri giorni voglia combattere la menzogna e l’ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà”. Quali? Beh, leggetevi il libro. E chi non lo fa è un Bertinotti qualunque.
Teo Parini

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