Robecco piange la Carla, icona della piazza (e di Strapaese)

I funerali di Carla Barenghi saranno celebrati mercoledì 3 alle 10.30, nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista

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In questo pezzo chiameremo Carla Barenghi vedova Valenti soltanto una volta aggiungendone i cognomi. La ragione è semplice: per decenni, per tutta Robecco (e non solo), lei è stata semplicemente, universalmente e per tutti la Carla. Tante le figure, i ruoli e la capacità di interpretare e incorporare più personaggi in uno soltanto.

La Carla è stata anzitutto commerciante, regina (in dialetto si direbbe ‘regiura’) della piazza XXI Luglio, quella che fu teatro della dolorosa e drammatica strage del 20 e 21 luglio 1944. Lei per decenni ha tenuto banco e vigilato sul paese dietro il bancone della tabaccheria cartoleria a fianco della chiesa, dal lato opposto della stele che ancora oggi ricorda i robecchesi fucilati dai nazisti.

L’edicola permane, al suo posto è subentrata la famiglia Sturaro, che ne prosegue il ruolo e in qualche modo ne perpetua il ricordo. La Carla ha gestito il suo esercizio quando il centro di Robecco era molto diverso da oggi: di macchine ne passavano tante, ieri come oggi. Ma c’era ancora il doppio senso, c’era persino la pesa (coi mezzi pesanti che stazionavano davanti al locale adibito alle operazioni di rilevazione). Era un meccanismo di grande precisione. Al vederla sembrava un pezzo di strada formato da una lastra di acciaio rigato perfettamente in piano. Ci salivi sopra con un camion di qualche tonnellata e lo pesavi. La pesa era in tutti i principali paesi, talvolta era associata ad un esercizio commerciale (come nel ‘nostro caso).

Era una piazza (ed una Robecco) estremamente diversa: c’era ancora il mercato del mercoledì, la pompa di benzina di Arialdo Caimi (altra grande maschera del quotidiano) e ovviamente il Bar Centrale, il caffè del Pino Barenghi e della Gabriella, fino al 1993. E gli anni Novanta sono quelli dai quali, oltre alla Carla, morta il 30 dicembre all’età di 90 anni, escono di scena sia l’Arialdo che il Pino. Cambia tanto, quasi tutto. Resistono la cappella di san Majolo, ovviamente la chiesa, la suddetta stele del 21 luglio.

Il negozio della Carla era una sorta di centro Amazon decenni prima di Amazon: ci passavano tutti, per le sigarette o un saluto; ci passava spesso il dottor Alfredo Punzi, medico entrato nel cuore del paese dopo la morte del giovane e compianto collega Cornelio Fornasari. I robecchesi sapevano che per trovarlo c’era anche la Carla, che sovrintendeva con puntiglio e l’eterno sorriso la sua bottega, dove a darle una mano arrivò anche la figlia Antonella. Suo marito, il suo amato Alfredo, era mancato molto prima di lei. Coltivava un orto lungo strada Castellazzo, dove crescevano pomodori dai profumi straordinari. Donna di profonda fede vissuta, ora potrà ritrovarlo. Dopo la pensione non si era certo risparmiata: attiva in chiesa, all’oratorio dove la si vedeva spesso e volentieri al bar a coadiuvare il Sandro (i banconi erano del resto il suo regno..).

Ha trascorso gli ultimi anni alla Don Cuni di Magenta. Rimane, rimarrà per sempre, nel ricordo di Antonella, del genero Giancarlo (che fu impegnato in politica molti anni), dei nipoti e del numero incalcolabile di persone, giovani e meno giovani, che ne hanno conosciuto il carattere unito alla sua generosa, strapaesana bontà. Ecco: la Carla è stata icona di Strapaese. Qualcosa che modernità e progresso stanno dissolvendo. E che invece dovemmo gelosamente custodire. I funerali della Carla si celebrano mercoledì 3 gennaio alle ore 10.30.

Addio. Anzi, a buon rivederci Carla.

F.P.

QUANDO S’ERA TUTTI DI STRAPAESE
“Tra queste realtà, un ruolo di primo piano spetta a Strapaese, movimento culturale che omaggia la tradizione italiana e auspica un ritorno alla vita paesana e alla riscoperta delle tradizioni popolari, contro la deriva metropolitana e modernista di Stracittà.
I tre principali animatori dell’esperienza strapaesana sono Mino Maccari, Leo Longanesi e Curzio Malaparte. Se è possibile riscontrare la genesi di Stra­paese a inizio Novecento con l’attività di Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini e Ardengo Soffici, lo spirito strapaesano vive ancora oggi nell’Italia dei paesi, delle botteghe, delle trattorie e delle chiese di campagna”

“A Fiesole, a Bellosguardo, ad Arcetri ho respirato il profumo delle rose.
Sdraiato all’ombra delle ginestre fiorite sulle alture dell’Incontro,
ho guardato le allodole inabissarsi trillando nell’azzurro infiammato di giugno.
Ho bevuto a Carmignano l’aleatico e il moscatello fra una brigata di amici.
Ho letto Dante e Platone in una vigna del Rignanese sul far del giorno:
ho dormito fra le canne dell’Arno vicino a Camaioni.
Ho portato a spasso i miei amori per la città e per i campi.
Ho posseduto la gioia sotto tutti i cieli. Sia benedetta la vita”.
– Ardengo Soffici

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