Riformata in Appello la sentenza Pifferi: cade l’rgastolo, 24 anni di carcere

Riconosciute le attenuanti generiche alla madre che lasciò morire la figlia Diana. La Procura Generale valuta il ricorso in Cassazione.

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La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha significativamente ridotto la pena per Alessia Pifferi, la donna accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di appena un anno e mezzo, nel luglio del 2022. La condanna in secondo grado è stata fissata a 24 anni di reclusione, ribaltando l’ergastolo inflitto in primo grado nel maggio 2024.

I giudici d’Appello hanno concesso a Pifferi le attenuanti generiche equivalenti all’unica aggravante mantenuta (il vincolo di parentela). Cruciale è stata l’eliminazione dell’aggravante dei futili motivi, che in primo grado aveva contribuito alla pena massima.

Anche in Appello, la donna è stata ritenuta capace di intendere e di volere, senza alcun vizio di mente. Tuttavia, le motivazioni della concessione delle attenuanti potrebbero essere legate alle risultanze della seconda perizia psichiatrica. Gli specialisti hanno rilevato in Pifferi un “disturbo del neurosviluppo” con “immaturità affettiva”, pur non ritenendolo invalidante sulla capacità di agire.

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La madre di Pifferi, Maria Assandri, ha dichiarato: “Sono mamma, è mia figlia pure lei. Non me la sento di commentare.”

La sorella, Viviana, parte civile, ha espresso il suo dissenso: “Non è stata fatta giustizia… Ventiquattro anni è il valore di una bambina di 18 mesi che non c’è più.”

La Procura Generale, che con l’avvocata generale Lucilla Tontodonati aveva chiesto la conferma dell’ergastolo, potrà ora ricorrere in Cassazione. La Tontodonati aveva definito la condotta di Pifferi “particolarmente raccapricciante,” sottolineando le “condizioni disumane” in cui la piccola era stata lasciata per “cinque giorni e mezzo nel caldo di luglio a Milano.”

L’avvocata difensore, Alessia Pontenani, aveva chiesto la riqualificazione del reato in morte come conseguenza di abbandono di minore o il riconoscimento del vizio parziale di mente, puntando sull'”assenza di capacità genitoriale” della sua assistita, descritta come un “vaso vuoto” non in grado di ragionare. Al termine dell’udienza, la legale ha ribadito la sua convinzione sull’abbandono di minore e valuterà un eventuale ricorso.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate nei prossimi giorni.

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