L’ansa del Ticino
Struggente il ricordo la nostalgia forte
cancellati vedo i verdi prati quelle
campagne dai filari dritti d’autunno
macchie di grappoli dai colori accesi
ai quali i ciliegi lì presso davan compagnia
a metà giugno avanzandoli quei vellutati
non dimenticati frutti della natura
nella tavolozza cangiante di colori
non più la stradina scossa polverosa
che li divideva percorsa spesso di corsa
con la bicicletta poi dalla costa tra i boschi
felice tu scorgevi l’ansa del Ticino del leccio
i profumi del castagno delle felci dei mughetti
nel vento respiravi forte e da giù sentivi
della lodola il canto lieto il gorgheggio dei merli
dei fringuelli prolungato dei tordi dei ravarini
il cinguettio faceva eco in lontananza
quello ripetuto del cuculo non più quei fossi
Papaveri
Umili fiori di campagna
che colorano in giugno
i cigli delle strade le rive
dei navigli figli dell’acque
del Ticino rossi occhi
che sorridono al vento
che richiamano al passato
una mano leggera di bambina
ne coglie lieta un mazzo
e alla mamma sua lo offre
sorridendo mano da tempo
ormai ferma immota là in un
camposanto di campagna
dove ogni anno a giugno
in un angolo nascosto
pur tornano a sorridere
qual di pietas e amicizia
gesto gli occhi dei papaveri
Il vecchio castagno
Dopo anni torno a riveder questo luogo amato
dove dall’alto dalla costa tra i verdi boschi
felice tu scorgevi l’ansa del Ticino, del leccio
i profumi del castagno delle felci dei mughetti
nel vento respiravi forte e da giù sentivi venir
della lodola il canto lieto il gorgheggio dei merli
dei fringuelli prolungato dei tordi dei ravarini
il cinguettio ch’a quei faceva poi eco in lontananza
quello ripetuto e ritmato cucù cucù cucù del cuculo:
struggente il ricordo la nostalgia pur tanto forte.
Tutto cambiato qui intorno e in parte cancellato
non più lì il vecchio castagno dal maestoso fusto
che sul ciglio della strada qual sentinella guardia
faceva alle campagne quel tempo andato di mio nonno
quelle campagne dai filari lunghi e nell’autunno
di macchie ricchi di grappoli dai colori intensi accesi
ai quali i ciliegi lì presso davan loro amica compagnia
e a metà giugno poi avanzandoli con vellutati dolci
rubin frutti in quella nelle stagion correnti tavolozza
cangiante di colori, non più la stradina polverosa
che quelle divideva percorsa spesso di corsa
con la bicicletta ch’allora accompagnava
quella mia perduta come l’amato luogo giovinezza.
S’ergeva maestoso quel secolar,
d’autunnal doni nascosti generoso,
il vecchio castagno là sul curva
che alla ripida discesa poi portava
ad abbracciar laggiù con l’occhio
l’azzurro fiume il mio “canal”, il mio
Ticino: strada ripida sterrata polverosa
,ciotoli bianchi a farla da padroni,
che in salita presa a me ai compagni
portava, fatta in bici, a lieta fantasia
d’epiche nostre imprese e sogni
i nostri quali il momento poi dettava
Pordoi Falzarego Stelvio Tourmalet
Aspin Aubisque Ventoux Izoard Vars
e noi in veste di campioni Bartali
Coppi Bobet Robic Kubler Koblet
Gaul Bahamontes Buratti “giusipin”
immagini sogni memorie cancellati
da una grossa scure e da un manto di catrame
A Cesare Angelini
Il sonno eterno dorme in quel di Torre d’Isola
Il gran cantor di Pavia e della Bassa quei che
Di Alessandro al romanzo un gran commento
Feo or il Ticino quel fiume da lui amato tanto
Con dolce lento mormorio dello scorrer suo
Questo riposo culla e qui dai verdi boschi
Quei fiori da lui dipinti in prosa e gli uccelli
Con canti melodiosi lieti a quel cantor loro
Donan profumo e pur lieta dolce compagnia
Stradina polverosa di campagna
Da anni tanti ormai non c’è più
quella mia stradina polverosa
di campagna che su dall’alto
alla vista portava dei boschi
del Ticino fiume azzurro a me
sì caro e tante volte allora
a piedi in bicicletta visitata
quanti i sogni quanti i desideri
la polvere nascente mi portava!
Larga ampia lì vi passa oggi
un’autostrada che ad un azzurro
più intenso muove di Liguria
al mare non polvere ma nero
asfalto che al passar della vettura
mia quando lì mi muovo caldo
intenso catramoso odor all’aria
porta e diversi da un tempo
sogni e desideri al momento
muove non di quel fanciullo gaio
ma di un vecchio qual sono stanco