MILANO “Ci siamo e volentieri ci sediamo al tavolo, in accordo col Pd, ma è evidente che se l’obiettivo, che auspichiamo e che riteniamo fondamentale, è costruire una coalizione che riunisca PD, terzo polo e forze civiche, per riuscirci serve ripartire senza candidature predefinite sul tavolo”.
Così i sindaci del Partito Democratico dei capoluoghi lombardi- Giorgio Gori (Bergamo), Mattia Palazzi (Mantova), Davide Galimberti (Varese), Gianluca Galimberti (Cremona), Mauro Gattinoni (Lecco), Andrea Furegato (Lodi), Emilio Del Bono (Brescia), dovrebbe arrivare anche la firma di Paolo Pilotto (Monza)- rispondono alla proposta avanzata nelle scorse ore dal leader di Azione Carlo Calenda. “Siamo i primi a voler discutere di sanità pubblica e territoriale, di politiche abitative, di collegamenti ferroviari, di risorse ai comuni e di tutte le politiche sulle quali riteniamo serva imprimere un cambio di rotta forte con gli anni delle giunte a guida delle destre”, chiudono i sindaci dem della Lombardia. La mancanza della firma di Beppe Sala viene motivata col fatto che il primo cittadino meneghino non è iscritto al Pd.
IL CAFFE’ DI PIZZUL
Il capogruppo in Regione Fabio Pizzul fa autocritica chiedendosi perchè “siamo arrivati al 10 novembre senza avere la minima idea di come il PD e le poche altre forze che, per ora, gli sono rimaste accanto in Lombardia (Sinistra Italiana, Verdi e +Europa) affronteranno l’imminente appuntamento con le elezioni regionali”.
Pizzul riconosce che “la responsabilità è della classe dirigente del Partito Democratico, nelle cui fila ci sono anch’io, come capogruppo in Consiglio regionale”, ma poi, pur comprendendo chi non vuole subire il “ricatto” di Renzi e Calenda in Lombardia, pone sul suo sito la domanda da un milione di dollari: “Il PD vuole utilizzare le elezioni regionali per tentare di sopravvivere e non perdere troppi suoi elettori o intende provare davvero a vincere le elezioni e a governare la Lombardia?” La risposta del capogruppo, titolo del suo intervento, è “prendere un caffè con Moratti”, “a meno che non si voglia utilizzare subito l’uscita di emergenza di primarie interne al PD che rischierebbero di servire solo a posizionarsi nel partito”.