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Ray Wylie Hubbard – “Co-Starring Too” (2022). By Trex Roads

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Quando si parla di leggende viventi nella musica, si commette peccato mortale se non si inserisce in quell’elenco il 76enne (a novembre) Ray Wylie Hubbard.
Con 19 dischi (compreso questo) regalati al mondo e una sfilza di artisti che si dicono ispirati da lui e dalla sua poesia, è veramente impossibile non parlarvene con un po’ di timore reverenziale.
 

State tranquilli se non ne avete mai sentito parlare è perfettamente normale, il suo nome è stato trascurato spesso anche negli Stati Uniti, figuriamoci nel nostro paese.
Ray faceva parte di quel gruppo di ribelli della musica country che negli anni ’70 ha rotto le “regole” imposte dalle case discografiche e ha creato un nuovo modo di fare quel genere deviando dal sentiero del “classico”: gli outlaws. Ecco assieme a Waylon Jennings, Willie Nelson, Johnny Cash (per dire i più celebri), aggiungeteci anche Ray Wylie Hubbard, un texano nel cuore anche se nativo dell’Oklahoma.
Ha contribuito eccome alla crescita del movimento e nella sua lunga carriera discografica, vissuta ai margini del successo, ha regalato perle di poesia country folk che dovete assolutamente scoprire, se non le conoscete.
Hubbard negli ultimi anni, quelli dove il mondo ha vissuto questa emergenza, è quasi rinato: nuovo contratto discografico e un disco di collaborazioni uscito nel 2020 di grande successo.

 

Il predecessore di questo “Co-Starring Too”, ci aveva regalato un artista intento a rendere grazie agli amici artisti che aveva influenzato e che influenzano il suo sound.
Un disco riuscito e che si era talmente divertito a fare, che il buon Ray Wylie ci riprova e fa di nuovo centro. Di solito queste operazioni non riescono quasi mai, come nelle saghe cinematografiche, i seguiti non sono quasi mai una buona idea.

Al contrario gli 11 pezzi che compongono questo album, sono di qualità elevatissima, il consueto country folk rock poetico che è il suo marchio di fabbrica, chitarre e quella voce quasi parlata da cantastorie vecchio stile che ha fatto proseliti fra gli amanti della musica country così come fra quelli che amano la musica rock e quella “impegnata”.

Il disco parte subito con un carico da 90 e il duetto in Stone Blind Horse, è con un’altra leggenda vivente : Willie Nelson. Non basterebbero le parole di questo articolo per dirvi cosa rappresenta questo duetto, due voci così particolari che si intersecano, segnate dal tempo e da una lunga strada percorsa. Una strada in cui ci sono anche fantasmi, una storia allietata dalla pedal-steel e dall’intreccio con le chitarre, un sapore di country dei bei tempi che furono, fra malinconia e rimpianti e anche la speranza che qualcuno in Paradiso, stia pregando per loro. Stupenda.

 

Groove, eseguita assieme a Kevin Russell e le Shiny Soul Sisters, ha tutto nel titolo. Un groove bellissimo, un funk rock segnato dalla voce “raccontata” di Hubbard che fa da contrasto alle voci soul di Russell e delle Shiny. Divertente e non banale.

L’anima da rocker viene fuori in tutto il suo splendore nel duetto con i Bluebonnets, Only a Fool è sferzata dalle chitarre della band texana e dalle loro belle voci, il testo celebra la saggezza delle donne e il Dio che visto l’uomo, ha deciso di creare qualcosa di meglio.
Steve Earle è un altro di quegli artisti che avrebbero meritato maggior celebrazione, uno di quelli che ha fatto tornare di moda il country rock negli anni bui che furono gli anni ’80 (musicalmente parlando).

Duettano in Hellbent for Leather, uno stupendo pezzo di country rock polveroso e intenso, un pezzo semplice ma di una bellezza scintillante in cui il testo non è da meno quando ci parla di lasciare la metropoli per tornare alle proprie radici.
Naturally Wild, assieme a Lzzy Hale e John 5, è uno scatenato southern rock con le chitarre in prima linea, la voce di Hubbard non sfigura e anzi fa risaltare ancora di più le urla dei rocker che lo accompagnano e delle chitarre che graffiano gli speaker. Niente di nuovo ma dannatamente divertente.
Prendete 4 leggende texane e mettetele assieme e non potrete avere una brutta canzone. Ecco in Fancy Boys ci sono oltre ad Hubbard, Hayes Carll, James McMurtry e Dalton Domino, 4 cantautori di livello paradisiaco e ci regalano una prestazione fantastica. Un brano blues rock dall’anima texana, con un testo al solito diretto e pungente quando ci parla di gente che salta sui palchi calcati da Waylon. Non è una novità che Ray Wylie Hubbard non abbia peli sulla lingua e lo amiamo per questo. Bellissimo pezzo.
Texas Wild Side è un divertente e rockeggiante viaggio nel lato selvaggio del Texas assieme ai Bandoleros, una giovane rock band texana che merita attenzione e rende questo brano fresco e di grande presa.

Il brano seguente è una all star del red dirt country : Wade Bowen, Randy Rogers e Cody Canada prendono il proscenio in Even If My Wheels Fall Off, assieme ad Hubbard e ne esce uno stupendo brano che riempie l’aria di chitarre energiche e voci che si completano. Bellissimo l’assolo ma tutto il lavoro strumentale è di prim’ordine.

Il riff di Pretty Reckless è purissimo Hubbard-sound, paludoso e polveroso allo stesso tempo, trascinato, con un groove accresciuto dalla presenza di Wynnona Judd, Jaimee Harris, Charlie Sexton e un altro cantautore mai abbastanza celebrato e cioè Gurf Morlix. Un altro ensemble che sembra un all star e il brano non può che essere un gioiello.
Ride Or Die prosegue il solco del brano precedente, il sound è quanto di più Hubbard-style potete immaginare, ricorda molto le sue canzoni del passato e che lo hanno fatto amare in Texas. Riff trascinati che si avvalgono della presenza di due vere leggende della musica mondiale : Ringo Starr e Steve Lukather (Toto), in aggiunta alle bellissime voci di Ann Wilson e Eliza Gilkyson e al figlio Lucas Hubbard.

Il testo è davvero bellissimo e ci ricorda vagamente la donna del suo capolavoro Snake Farm, stavolta questa donna dei suoi ricordi “scommette tutto sul rossetto nero/ ha un doppio tamburello e balla come Stevie Nicks”.
Il bellissimo disco si chiude con la western Desperate Man, assieme alla Band Of Heathens, che Hubbard aveva scritto con Eric Church (e che lo stesso Church aveva poi portato al successo) e che in questo lavoro assurge a nuova vita e chiude alla grande con un magnifico lavoro di chitarre e voci.
Un album che non era necessario per confermare la qualità di questo artista ma che diventa assolutamente necessario per migliorare le nostre vite e per farlo conoscere ancora di più.
Ci sarebbe bisogno di più artisti come Ray Wylie Hubbard.
Un troubadour vero, di quelli che ascolteresti cantare e recitarti poesie per ore senza stancarti mai, un uomo d’altri tempi, sincero e pungente, ironico e generoso che ha regalato la sua arte e la sua influenza a tantissimi artisti senza ottenere mai una sua vera e meritata celebrazione.
Se amate la musica, sia che amiate il rock o il country o il blues o il folk d’autore non importa, ascoltate questo disco e vi riconcilierete con il “bello” che questa arte regala ai cuori.
Se poi dopo questo disco e dopo il precedente, siete curiosi di approfondire la sua musica consiglio di partire dal mio disco preferito e cioè il geniale Delirium Tremolos (2015), fidatevi non vi fermerete a quello e scoprirete la sua immensa e fondamentale discografia.

Buon ascolto,
Claudio Trezzani by Trex Roads www.trexroads.altervista.org
(nel blog trovate la versione inglese di questo articolo a questo link : https://trexroads.altervista.org/co-starring-too-ray-wylie-hubbard-2022-english/ )

 

 

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