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Dall'archivio:

Radici in crescita, sequenza giornaliera degli accadimenti, di Ivan D’Agostini- 3 e 4 marzo

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Tremarzo

Il sole abbaglia a volte non solo lo sguardo ma anche la mente.

Stamattina non vedo il “vassoio” se ne sta là, lontano da me oggi, come a volte succede e non è per non amore è soltanto perché viaggio, vado a peregrinare con la mente al caselle. Vado, non fuggo, viaggio non solo con il corpo, viaggio con la testa e mi siedo sul sasso, guardo il campanile di Genepreto che se ne sta da solo con la bruma del mattino, quel velo che copre il pendio della collina, con i profumi dell’erba bagnata, con le mille tane e rilievi delle talpe che scavano nel sotto dell’erba, i nasi verso l’aria a sentir la primavera che è ancora lontana lassù.

Quattromarzo

 

Le nuvole all’orizzonte non sempre sono segnali di negatività, quelle di oggi preannunciano un buon accadimento, una buona condizione per le tenere piantine, bulbi e altro che nel terreno sono stati collocati. Grazie cielo! Dell’acqua che vorrai dare benefico nutrimento per le radici appena interrate.

Pesco, melo e albicocco; tre frutti, tre alberi, tre significati.

 

Due in fila, sebbene alternati e uno sul fianco, sul confine che ho liberato da rovi e dal secco, quel secco che ha protetto il terreno la sotto.

Mentre, tagliavo, segavo, liberavo quell’angolo di incolto per riviverlo con frutti nuovi pensavo, pensavo che tutto quel da fare che avevano avuto sin li quegli arbusti, hanno preparato, con pazienza, il terreno a questa mia messe. Hanno steso sul piano ciò che io avrei di li a poco usato. Le felco[1] avanzavo voracemente, zac, zac, zac  e ancora zac, ferite mortali che andavo infliggendo a quei maledetti e benedetti rovi, che sennò le more quando le mangi, ma anche il mio albicocco aveva diritto di starsene  lì. L’albicocco di Laila. Una bella buca, abbastanza profonda, un palo per tutore, nella vita iniziale che queste scarne e scarse radici ora non potranno sostenere subito, quell’acqua che spero arrivi domani e riempia bene bene, la bella fossa che ho preparato, il colletto alto a proteggere lo stacco tra il cielo e la terra, ovvero  tra il fusto che libero e la parte che accoglie le radici. A lavoro concluso sono soddisfatto; è l’ultimo. Il pesco e il melo sono già a dimora, pesco per la Melly e melo per il Tato. Uno in pieno sole che così maturano subito e bene e uno verso il bosco, che ne proteggerà i frutti dall’acceso sole della torrida estate di collina. Quel sole che brucia la terra, che spacca la crosta in profondità, quelle fessure che entri con una mano sino all’avambraccio, che si chiudono poi a fine settembre, con l’acqua d’autunno. Pesco al sole per coglierne i frutti subito all’inizio del nostro agosto di vacanza e melo riparato, così che a ottobre ne potremo coglierne i frutti maturati lentamente, che così saranno più sugosi di zucchero e nell’inverno resisteranno meglio.

[1] Forbici professionali da giardiniere, di varie taglie e fogge, tutte robuste, con lame intercambiabili, dal manico tipicamente rosso.

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