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Radici in crescita, sequenza giornaliera degli accadimenti, di Ivan D’Agostini- 23 e 24 aprile

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Ventitreaprile

 

Novitร , novitร , novitร  dallo studio. Nel tavolone accanto al โ€œvassoioโ€ si รจ insediata una fanciulla, ci starร  per qualche mese, proverร  con me a verificare lei se stessa io la possibilitร  di concretizzare un rapporto di collaborazione. Mentre con la mente disfacevo e riaggiustavo queste faccende tecniche, perchรฉ in fondo รจ ancora a questa la mia attivitร  principale, notavo quegli steli che cosรฌ succintamente ho descritto ieri.

Caspita come sono lunghi, anzi, rispetto a ieri, si sono piegati, curvati. Il desiderio di luce รจ invasivo ed รจ tale che la piega costringe la miniatura ad abbassarsi, e sebbene il fusto risulta essere quasi gommoso e elastico sia alla vista che al tatto, al punto che probabilmente se ponessi un tutore leggero la piega si correggerebbe, ho paura a forzarne la forma, temo di incrinare il delicato fusto.

 

Mi balena unโ€™idea: e se spostassi il โ€œvassoioโ€? Sacrilegio! Eresia lรฌ รจ e lรฌ deve stare, almeno sino al momento del โ€œtrasportoโ€, almeno sino al momento del travaso.

 

Il magnifico suggeritore deve stare lรฌ, รจ il suo posto, รจ la sua collocazione; le grasse (nel senso delle succulente) danno respiro, il cespuglioso rigoglio di quellโ€™ammasso verde da riparo e il compensato, infine, asciuga lโ€™eventuale umiditร  dannosa. Insommaย  una sommatoria di avvenimenti cui il โ€œvassoioโ€ non puรฒ certo mancare e non potrร  da essi essere disgiunto, almeno per i prossimi giorni.

 

 

Ventiquattroaprile

 

La cimice sul bordo il martedรฌ, oggi, ma Celestina dove sei? Dove sei mia compagnia, hai visto arrivare gente e te ne sei andata offesa? Eโ€™ questa la mia considerazione odierna, dopo che in studio, da ieri, una fanciulla sta provando ad imparare ed io sto provando a capire se nei prossimi mesi qualche attivitร  nuova, puรฒ prendere il largo. E cosรฌ la piccola moschina son due giorni che non la vedo, spero si sia imboscata, รจ il caso di dirlo, nella selva crescente nel โ€œvassoioโ€, dove da ieri, in un crescendo di attivitร , รจ persino spuntato anche lโ€™acero del venti, i faggi dormono, tra poco infilerรฒ, nellโ€™attesa della vacanza, un paio di semi in piรน. Voglio spingere, forzare questโ€™attivitร , ora che รจ iniziato il da farsi. Ora che il brulichio cโ€™รจ.

Mi pare di sentirlo, il rumore della vita, quando arrivo, al mattino, quando origlio, da dietro la porta, sollevo piano la leva dellโ€™interruttore generale, quello che sta sul fondo delle scale, quelle che portano nella cantina, buia, umida e misteriosa, quella dove vโ€™ho trovato delle vecchie foto, qualche mese fa, in una serie di cornici erose dalla polvere e dai ragni, le tele invece smangiucchiate dallโ€™acqua, ritraggono donne e fanciulli dโ€™altri tempi, forse di inizio secolo. Arrivo piano, la porta, pesante, di ferro e vetro, devo tenerla, il rumore di quando sbatte รจ assordante, se ne accorgerebbero del mio arrivo, faccio piano, mi fermo un istante, cerco di ingannarle, quelle creature immobili, quasi non respiro, tendo lโ€™orecchio, sento il cicaleccio delle infestanti, solo tre per ora, lโ€™irriverente critica del loietto, due fili appena, eppoi, gli aceri che stordiscono con il loro canto baritonale, quelle romanze altalenanti; giro lentamente la chiave, prima quella in alto della sbarra orizzontale di sicurezza, che fa clac quando giunge infondo, si azzittiscono tutti, estraggo la chiave sagomata e scendo verso il catenaccio di sicurezza, la chiave, mappata, entra facilmente nella fessura articolata, รจ quasi un rito, quasi mi sento che potrei possederla quella porta, tanto รจ delicato e passionale quellโ€™atto, deciso prendo in mano la maniglia, premo convinto, spingo verso il basso, la porta grossa e pesante va allโ€™interno, entro, sento gli sguardi su di me, chiudo, piano, giro il pomello, sollevo lโ€™interruttore, stavolta quello dentro, ancora buio, ieri sera ho staccato tutte le spine (giร  perchรฉ lโ€™impianto elettrico รจ basico, diciamo essenziale, quando mancano i soldiโ€ฆ.) e le lampade restano spente, tolgo la giacca, appoggio la borsa, sopra uno dei tavoli bianchi, quelli che ha costruito il buon vecchio Peppo, una dozzina dโ€™anni fa dietro mio disegno e indicazione, che ci ha pure messo il bordo di faggio, che fa un buon contrasto, faccio due passi, avanzo, verso quella cassettiera che raccoglie mille e piรน delle mie annose riflessioni, meno che queste, non alzo ancora la tapparella, guardo, sono lรฌ in piedi, ritte dal โ€œvassoioโ€, la scarsitร  di luce ha nuovamente fatto si che lo stelo riprendesse la verticalitร  (devo farne tesoro di questa riflessione), le due foglioline, strette appuntite, mi guardano, indagano e indugiano nei miei pensieri, penetrano nelle mie perplessitร . Mi giro, la giornata inizia, sconvolgo con il sole che irrompe dallโ€™esterno, mentre sollevo la tapparella, quel risveglio, nel โ€œvassoioโ€ la velocitร  riprende.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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