Ventitregennaio
Il cotone si è asciugato troppo, non va bene messo li devo toglierlo da quel piano caldo (il caloriero), allora prendo il tutto “ma che cazz succede…” la colla che si era un pochettino asciugata evidentemente con l’umidità (avevo aggiunto acqua ieri sera prima di andarmene), era rimasta pastosa e un piedino si muoveva. “Non va bene, non va bene, accidenti qui bisogna cambiare” Già ma dove lo metto, come se lo studio potesse ancora accogliere cose…[1].
Una carrellata di immagini scorre velocemente davanti ai miei occi e trovo il posto. “Eh si vicino alla parete giallo ocra va benissimo” tolgo allora la pigna di riviste appena sfogliate, faccio anche pulizia con un panno per tirare via la polvere e sistemo il vassoio come ho deciso di chiamarlo, proprio accanto alla finestra: Sole, luce, il tepore del calorifero non troppo vicino dovrebbero essere perfetti per la nascita dei futuri alberelli. “Umm, legno legno e cotto, non, non…” vado nel mio studio sopra nell’ultimo ripiano alto della libreria bianca vicino alla finestra, quella dell’IKEA, accanto al pannello di sughero ho lasciato dei pezzettini di legno, quelli che mi servono per le casettine di natale (si quest’anno farò piccole casettine in scatola trasparente, avrei dovuto farle per il natale appena passato ma poi non ho avuto tempo con la mostra e le altre cosettine), prendo tre cubetti e li infilo sotto i piedini, stanno proprio bene e così il tutto è ben sollevato. Sono soddisfatto, così dovrebbe andare meglio, del resto è proprio vero:le cose per farle bene devi rifarle almeno un paio di volte.
[1] Stavolta sebbene già epurato dai vecchi tecnigrafi (qui non ci stavano davvero) che forse sono stati ciulati, asportati, ma forse più semplicemente venduti da quella vecchia volpe del magistrali (a cui inconsciamente avevo affidato parte della mia mercanzia) e, l’appellativo di vecchia volpe gli calzava perfettamente, almeno sino a qualche anno fa, quando era solito “dipingersi” i capelli di un rosso ruggine, proprio come la coda della volpe, facendo pandant con il sorriso beffardo motivato dalla sua bocca storta sul piego del labbro ma diritta nella geometria generale composta da labbra carnose e poi l’occhio, l’occhio destro di vetro, azzurro e impassibilmente sempre fisso di fronte a te.
Ivan D’Agostini