Ventiduegennaio
Eโ domenica pomeriggio e sono qui in studio, strano non cโรจ da fare molto eppure sono qui, guardo e rigiro pezzettini di legno, innaffio le mie piantine, crescono. Alzo gli occhi e da sopra la libreria una serie vasi si scontrano con le decine di libri messi alla rinfusa; dopo lโultimo trasloco mi sono scocciato di sistemarli bene, certo qualche suddivisione cโรจ ma รจ anche bello, curioso pure, mentre sei li a cercare la storia della cittร del mumford imbattersi nel primo libro del mendini (le cose che accatasto; definizione cinica di mia moglie; a volte spiego lei che possono essere collezione, ma, mi verrebbe da dire che son troppo pochi, e che quando ne avrรฒ collocati qualche migliaio, poi forse lo diventerร โ anche se a ben vedere poi a me delle collezioni magari poco mi importa).
Vado avanti con lo guardo e gli occhi si posano su quei minuscoli pezzetti di carta che fuoriescono dal bordo del cotto, โma dove diavolo li ho messiโ cristono ad alta voce, โcazzo con sto casino, meglio: con tutta staโ roba โฆ Devo proprio mettere inย ordine!โ Giร in ordine ma in ordine quale, ognuno a ben pensarci ha il proprio ordine e tu hai il Tuo mi dico.ย Giro vado sul soppalchino โmagari li avrรฒ messi li? Nienteโ scendo vado di lร nella stanza delle ragazze (ragazze che ora non ci sono piรน, lโilaria ha trovato un altro posto e lโannina sta a casa a badare ai figli e al fidanzaa) che ora รจ tutta per me, niente niente, non li trovo. Allora mi rassegno e scruto un poโ la pigna per raccogliere quelli rimasti.
Scelgo il contenitore un vecchio sottovaso di cotto, rimugino โandrร bene perchรฉ tiene lโumiditร โ, devo perรฒ sollevare il vassoio artigianale altrimenti il piano sotto si inumidisce e ammuffisce, recupero tre piedini in gomma, quelli che ho usato sotto le gambe per le poltroncine Ru_era[1], e li incollo direttamente
([1] La parola รจ tratta dal lessico dialettale lombardo, significa spazzatura, ma รจ anche un comportamento, che abbiamo perduto, cercare nella ruera รจ cercare nellโanima di ognuno di noi e io un giorno di questo ne ho fatto un oggetto, recuperandone la matrice proprio in una cosa gettata via; e cosi mi apostrofavo nelย lontano 2007 :
ย โRu_eraโ
Mentre viaggiavo sulla vecchia jeep verso il paese, su quella traballante vettura scendendo a valle, accanto alla vecchia chiesa, appoggiata allโimmensa quercia scorsi un ammasso di legni che mi incuriosรฌ, scesi, fermando ilย fracasso del motore e mi abbassai meglio per vedere e raccolsi il fascio buttato.ย Giunto casa, dopo la spesa, sul banco di lavoro, circondato dalla quiete del bosco, analizzai meglio quellโoggetto: si trattava di una vecchia sedia di legno e tessuto; provai a smontarla.ย Ecco nasce dal recupero di un vecchio modello,ย perduto anche forse dalla memoria, riproposto, rivedendo lo stile, le modalitร di assemblaggio, e di ย linee, ridimensionando i tratti, variando le essenze di composizione, per, con una sorta di โdefragโ grafico, esplicitarne le funzioni: scuro per la struttura, chiaro per la seduta.
Il telaio, assolutamente incastrato nelle geometrie semplici, viene assemblato con perni passanti che ne permettono lo smontaggio; รจ realizzato con un legno duro, scuro e tenace, resistente agli urti, da trattare con cere a mano, di anno in anno. Il piano, a doghe strette (il disegno generale รจ una sorta diย Ballon frame), realizzato con legni chiari ma altrettanto resistenti รจ protetto con cere delicate, accoglie un morbido cuscino)
sul cotto, sto verso lโinterno cosรฌ il bordo maschera un poโ la gomma nera, cacchio anche qui si ricerca lโarmonia della parte grafica, lโequilibrio della forma, โche cazzone che sonoโ penso, ma in fondo il bello e lโequilibrio vale anche se sei solo.
Dunque adesso devo recuperare i semi.ย Come prima cosa prendo il cotone dallโarmadietto della farmacia di studio โurca questo deve essere qui da almeno unโeternitร , dai tempi del vecchio studio di via quattro giugno[2], perlomeno quindici anni; si lo
([2] Via quattrogiugnocinquantaquattro lo STUDIO per definizione, quello dove ho lasciato un gran pezzo di vita, di cuore, dove sono passati i figli da piccoli, messi sul tecnigrafo assieme ai rapidograf, la matita e la gomma, con il culo che schiacciava i lucidi con la Li che se la rideva. Poetico lโaveva definito il Carli, un vecchio e dispotico cliente ma che la sapeva lunga e che aveva colto, nellโatto della transumanza da quel posto allโufficio nuovo, la mia sofferenza, tanto che alla fine persi anche il lavoro suo.
posso usare, stendo il cotone e inizio a riporre i semi, questo lโordine:
- i semi di acero raccolti a Lirone โ durante un sopralluogo per cercare di portarsi a casa un poโ di lavoro -, quelli grossi a sinistra e quelli piccoli a destra;
- i semi di acero raccolti a Monza, mentre si passeggiava con Roberto e Sergio cercando lโispirazione per il progetto per il concorso della biblioteca cui non saremmo mai approdati neppure tra gli ultimi, in basso a destra;
- i semi del pino del cortile dello studio un poโ disseminati in giro nel vaso,
poi ricopro tutto ben benino con dellโaltro cotone e bagno. Penso prima o poi cresceranno.
Prendo il vassoio, e per accelerare la presa della colla al fondo appoggio il tutto sul porcellino (il calorifero basso che ho fatto mettere dal roberto idraulico di fronte alla finestra che da sul cortile adiacente il mio), cosรฌ prende luce, non essendoci elementi oscuranti e il calore dovrebbe accelerare non solo lโindurimento della colla ma anche la germinazione dei semi.
Chiudo tutto e guardo soddisfatto il mio lavoro. Bene โbuon lavoro ragazziโ deposito il tutto, abbasso le quattro tapparelle chiudo tutto e vado a casa, oramai sono le otto e mezzo, รจ ora che vada.ย Sul tavolo la pasta mi attende e la famiglia si chiede per lโennesima volta: โma dovโรจ finito il sant uomo?โ
Arrivo, arrivo.
Ivan D’Agostini