SOS: la bottega artigiana della musica che ha visto nascere molti musicisti, dagli anni d’oro del rock italiano. Un’intervista a tutto tondo, dalle chitarre più famose al mondo, all’impegno sociale.
SOS Save Our Soul è una band rock in carriera da oltre un ventennio ed i cui membri hanno suonato con nomi come Ligabue, Timoria e Modà. Sono speciali, però, in musica sensibilizzano sulla protezione del nostro valore più importante: la sicurezza sulle strade in passato ed ora sul lavoro.
Una intervista musicale quindi ma non solo, perché tocca temi davvero del quotidiano e non solo professionali, ma che sul lavoro possono influire, espressi in un modo con il quale sono molto d’accordo. Quanto conta la cultura personale ad esempio in tanti comportamenti di oggi?
“Macte Animo!” è l’ultimo album degli SOS Save Our Soul che vuole accendere una riflessione su tutto ciò, con uno sguardo ai rapporti umani. Non è ‘solo’ questo però: è tanto rock da ascoltare sia in cuffie che ai live.
Live che danno vita a ritrovi di giovani e meno giovani, che possano divertirsi riscoprendo il piacere di stare insieme in modo sano.
L’intervista al leader Marco “Bruco” Ferri.
D. Ho ascoltato il vostro ultimo album “Macte Animo!” ossia “fatti coraggio!”, collegato a delle problematiche di sicurezza sul lavoro. Fatti coraggio però è anche un invito che mi fa pensare a no aver paura di parlare e di esprimere paure ed ingiustizie… Secondo lei il lavoratore è una figura che ha paura di parlare? La musica può sostituirsi alle parole non dette?
R. Entrambe le parti forse hanno un po’ questa paura. Magari ciò che bisogna comprendere è che la formazione ed usare dispositivi di sicurezza sono elementi importanti. E se magari il lavoratore a volte non comprende che anche se una formazione richiede tante ore non è una noia; è vero che ci sono datori di lavoro che non vogliono affrontarne i costi. In questi casi la musica può essere utile per riflettere, e per favorire una introiezione di rispetto dell’elemento più importante che è la vita.
D. Infatti nelle parole e nei testi delle nuove canzoni emerge questo bisogno di fusione diciamo tra una parte e l’altra, c’è ad esempio l’immagine del lavoratore che “canta” al datore di lavoro: “Tu hai bisogno di me, ed io ho bisogno di te”. E poi racconta di queste mani che si sporcano per lavorare. Secondo lei perché il mondo del lavoro si è deteriorato in questo modo? Sembra quasi si stia tornando indietro invece che andare avanti…
R. Viviamo in un periodo in cui l’individualismo è imperante. Siamo tutti molto attivi sui social network, magari facendo vedere quello che non siamo. Abbiamo bisogno di far emergere una immagine di positività ad ogni costo, attraverso anche i filtri, ed in tanti altri modi… Anche il mondo del lavoro risente di tutto questo. La cooperazione è fondamentale. Sicuramente non bisogna vivere per lavorare ma il lavoro è importante da tutti i punti di vista. Oggi abbiamo una società che urla, non ci si confronta, è più facile che si diventi leoni da tastiera. Invece noi nelle nostre canzoni cerchiamo di portare ad un confronto. Siamo una band, fatta di persone che condividono momenti che possono essere in studio o sul palco, e cerchiamo di portare avanti un messaggio che è ben diverso.
D. Infatti c’è un brano che fa riferimento ad una ‘bestia’ e a cattive abitudini: secondo lei ‘subire’ è una cattiva abitudine o a cosa si riferisce con la ‘bestia’?
R. La ‘bestia’ potremmo dire che arriva quando si sottovalutano determinate cose. Ad esempio quando l’abitudine a fare in un certo modo che diventa come la ‘coperta di Linus’. Quando non consideriamo che i rapporti con le altre persone in un confronto costruttivo, possano essere l’aspetto più importante. Se poi ci ragioniamo, la ‘bestia’ siamo proprio noi. Siamo noi a fare le scelte della nostra vita. Noi abbiamo la responsabilità. Un altro esempio: se anche nell’azienda più virtuosa, là dove tutti i protocolli sono rispettati, ma da un certo punto di vista c’è un lavoratore che gira in monopattino sulla provinciale, senza luci e senza suonare, vuol dire che qualcosa è insito nella sua cultura personale. La stessa cosa vale per quanti di noi ad esempio non allacciano la cintura quando sono seduti sul sedile posteriore. Il discorso è sempre la sottovalutazione di un rischio grave per la propria vita. Sono giuste regole, controlli e sanzioni, ma se la cosa non l’abbiamo introiettata dentro noi stessi, di qaunto sia importante non distrarsi ad esempio con il telefono mentre si guida.
D. Effettivamente, lei è anche alla guida della Federazione Confcooperative lavoro e servizi Lombardia. Come potremmo riassumere il suo lavoro che poi tocca anche i temi che mette in musica?
R. Io lì rivesto il ruolo di dirigente e presidente per questa associazione di categoria, ed è la più importante dedicata alle imprese in Italia. Poi vi sono all’interno molte federazioni, come quella per il credito alle cooperative, per l’agricoltura, per la cooperazione sociale, e quella culturale. Io sono presidente di quelle cooperative di manifattura, di servizi, quel genere (ma non sono le nostre associate), che a volte finiscono purtroppo sui giornali. Poi c’è la logistica, costruzioni e molto altro. È chiaro si che io abbia anche un vissuto personale che mi porta a conoscere molto meglio determinate tematiche. Noi abbiamo aperto inchieste sul costo economico e sociale della non sicurezza sul lavoro. Trasferisco in musica, in un certo senso, ciò che apprendo nel percorso.
D. Fate qualcosa in riferimento ai giovani? sul vostro sito ho letto che per voi le nuove generazioni sono importanti.
R. Cerchiamo di far capire in società che un modello di cooperativa può essere vincente, che può dare una prospettiva di futuro. Collaboriamo quindi anche con le scuole, ad esempio. Non solo quindi aprire una partita IVA: ci sono anche altre soluzioni per il futuro e per fare impresa. Cerchiamo quindi di accompagnare i ragazzi che vogliono affrontare un discorso imprenditoriale. Noi culliamo in laboratorio tutte le nuove idee.
D. Come band voi esistete da oltre un ventennio. Vi siete sempre occupati di temi sociali?
R. La band è nata negli anni Novanta. Il primo brano che scrissi è stato “Guerra No”, perché ai tempi c’era il conflitto nella Ex Jugoslavia. L’impegno sociale era già presente. Nel 2018 c’è stata la svolta, quando un nostro fan ci ha contattati e mi ha chiesto se mi sentivo di affrontare un tema sulla sicurezza sul lavoro. È nato così il rimo brano “Vivere”, e da lì abbiamo cominciato a collaborare conoscendo tante persone in giro per l’Italia. Abbiamo impiegato anche altri strumenti come il teatro, e altre forme d’arte. E noi abbiamo alla fine deciso di usare la musica per promuovere questi argomenti. Sono poi nati molti altri brani, sino ad arrivare a quello che sarebbe stato il primo del nostro ultimo album, “Con gli Occhi aperti”.
D. Con il brano “Giuda” invece a chi vi riferite?
R. Quando una persona non presta attenzione a determinati aspetti, è come se tradisse se stessa e chi si fida di lei. Se ad esempio leggi sul cellulare mentre guidi, in quel momento tradisci te stesso e chi sta con te e chi ti incrocia sull’altro veicolo… Viene meno fiducia e rispetto per la vita.
D. Poi c’è “Vita”, il mio brano preferito di questo vostri album… Dunque la vita è come una cameriera che ci offre da bere?
R. In realtà la vita è rappresentata come una bellissima donna che ti sta sempre vicina, nonostante tutte le tue scelte anche sbagliate. La vita è pronta a sostenerti e anche a pazientare rispetto al tempo che impeghi a comprendere molte cose. È chiaro però che ha bisogno di essere tenuta in considerazione. È il testo più legato alla musica. L’idea della cameriera si riferisce alla persona che ti ascolta, quando magari sei in un momento un po’ particolare e di difficoltà. A volte una cameriera ci aiuta a valutare i momenti che stiamo vivendo.
D. Poi c’è un brano prorio alla fine, che differisce tanto dal resto dell’album… Ho capito bene che si riferisce a Marco Pantani? Come mai?
R. Si è vero e ci tengo particolarmente. Anche questo è nato dalla collaborazione con un fan degli SOS, un caro amico appassionato di ciclismo. Pensare che io, nella mia generazione, non avevo mai amato così tanto il ciclismo, ma lui in quegli anni lo seguivo, perchè lo trovavo un personaggio sportivo incredibile, che ha saputo catturare l’attenzione di un vasto pubblico. Il testo decanta un grande impegno ed una grande fatica per raggiungere alla fine la vetta e la soddisfazione del successo. Pantani è ancora molto amato ed indimenticato al di là di ciò che possa essere successo.
D. L’acronimo che fa da nome alla vostra band, è poi particolare, perché rimanda ad un senso di intento di salvezza intesa al collettivo…
R. Noi da sempre crediamo che noi stessi possiamo essere la fonte del cambiamento. Noi possiamo essere anche fonte di ispirazione per gli altri. Abbiamo sempre tenuto a dare un esempio che fosse positivo. Abbiamo fatto tantissimi concerti e continuiamo a farne, organizziamo anche momenti di convivialità, con le persone alle quali piace la nostra musica.
D. In quali contesti vi si può sentire suonare e quali saranno le prossime date?
R. Adesso siamo concentrati su quella che sarà la presentazione dell’album, e stiamo definendo le date. Nella prima decade di marzo inizieremo da Milano. E poi stiamo affinando una serie di date per poter fare ascoltare tutte le 9 canzoni, ed un nuovo spettacolo.
D. Diciamo che i vostri concerti non sono solo riflessione, ma anche puro svago molto rock, con veri momenti di divertimento.
R. Certo. La fortuna di questo linguaggio universale che è la musica, è che come faceva Bob Marley sensibilizzando su determinate cose, ma poi si andava per ascoltare musica e divertirsi. Se poi a fine concerto o durante si può riflettere, perché no?
D. Poi voi avete moltissima esperienza musicale ed infatti avete collaborato con band ed artisti molto famosi, da Ligabue, Timoria, Massimo Volume e Daniele Silvestri. Come sono state queste esperienze?
R. Abbiamo avuto la fortuna di vivere gli anni del rock italiano, e sono stati anni davvero magici e abbiamo avuto anche la fortuna di condividere palchi con diversi artisti. Con Daniele Silvestri era per Casa Thelethon, a Bergamo; con i Timoria è stato un periodo a Brescia e la nostra base era a Bergamo, e poi c’è stato un periodo in cui Francesco Renga insegnava in una scuola a Bergamo, e c’era la possibilità di intercettarsi facilmente e abbiamo condiviso alcuni concerti. Co i Massimo Volume era all’idroscalo a Milano, era un concerto organizzato da Radio Target, ed eravamo tutti insieme presenti sul palco. Bellissima esperienza. Esperienze che fanno crescere.
D. E questo ha portato alla vittoria a Sanremo Rock nel 2003…
R. Esatto. Con il gruppo siamo arrivati in finale nel 2000; poi ho partecipato nel 2003 in questo caso con degli altri musicisti, e in quell’occasione abbiamo trovato la formula vincente. È stata una esperienza importante perché esibirsi sui canali RAI è davvero formante. Mi sarebbe piaciuto vincerlo con SOS.
D. E come è nata l’idea della miniserie 2020 “Nonostante tutto… Tra musica e racconti”. Di cosa si trattava?
R. Era il periodo della pandemia, e noi pensammo di raccontare il nostro periodo musicale in una web serie, con racconti registrati in vari studi di registrazione, poi in un teatro, e abbiamo fatto un po’ il punto della situazione. Abbiamo avuto anche diversi ospiti, tra i quali ad esempio Silver, un ragazzo che ha partecipato ad X-Factor, c’era anche Andrea Amati un paroliere che lavora con diversi artisti italiani. poi anche io nella scrittura delle ultime canzoni ho collaborato molto con lui.
D. Siete nati musicalmente nel 1993 e di acqua sotto i ponti ne è passata. Quanti cambiamenti ci sono stati nel vostro gruppo?
R. La band nel corso degli anni ha avuto alterne fortune, fa parte del gioco. Ci sono stati momenti più esaltanti e prolifici e remunerativi, e momenti un po’ più difficili. Nel corso degli anni sono anche cambiati nella formazione dei musicisti e ci sono stati degli avvicendamenti. Gli SOS sono una specie di bottega artigiana: alcuni musicisti ad esempio sono passati dagli SOS e adesso, come Diego Arrigoni che oggi è uno dei chitarristi dei Modà. Con lui rimane un rapporto di collaborazioni sporadiche ottime.
D. L’ultima domanda riguarda la copertina e la grafica dell’ultimo album… Che rimanda all’dea di un cantiere. Si vede anche una chitarra nascosta nell’angolo. Di chi è?
R. Faraone Accademy aveva suggerito la riflessione dell’ultimo brano dell’album, e l’immagine in copertina è la vincitrice di un concorso, sempre promosso da Faraone Accademy. Mi era capitato di suonare per l’evento di premiazione di questo concorso appunto, e questa immagine mi aveva colpito tantissimo. Sino al punto che ho deciso di averla per la copertina dell’album. La parte grafica è stata curata da Andrea Piccinelli, con il quale abbiamo riflettuto e poi lui ha dato vita all’immagine in modo che raccontasse il cantiere con la musica, quindi un concetto di lavoro che veste l’idea e le tematiche all’interno della’lbum. Infatti, in un angolo è presente la musica, e soprattutto uno degli strumenti che io amo di più, la chitarra lo strumento che più utilizzo, e soprattutto il modello, che è la fender caster guitar di Bruce Springsteen. La chitarra che meglio rappresenta la musica fusa con l’impegno sociale!
D. E c’è ancora qualcosa che non ti ho chiesto?
R. Beh… Che sicuramente il titolo “Macte animo!”, appunto fatti coraggio in latino, visto il contesto nel quale stiamo vivendo, può essere declinato a tanti aspetti. È un coraggio di portare avanti la musica dopo tanti anni, e visto come è cambiato oggi il mondo musicale, ci è voluto sicuramente coraggio, appunto… E forza d’animo nell’affrontare un periodo che sicuramente non è semplice. Se guardiamo la realtà, lasciando da parte i social, dalle guerre alle difficoltà economiche, e i governi europei che crollano… È tosta andare avanti!
Monica Mazzei
Freelance culturale
TicinoNotizie.it