Non bastano 150mila euro per chiudere il conto con il passato e, soprattutto, con il sangue versato il 29 ottobre 2022 sotto casa di Vittorio Boiocchi.
Si è aperto in un clima di gelida tensione, questa mattina nell’aula della Corte d’Assise di Milano, il processo con rito immediato per l’omicidio dello storico capo della Curva Nord interista. Un’udienza subito segnata da un colpo di scena: l’offerta risarcitoria avanzata da alcuni degli imputati alla vedova e ai figli della vittima, prontamente respinta dai legali di parte civile.
Il rifiuto in aula
È stato il primo atto formale di un dibattimento atteso per mesi. I legali di Marco Ferdico, ex volto noto del direttivo della curva, e di Pietro Andrea Simoncini (reo confesso di aver guidato lo scooter usato per l’agguato), hanno messo sul piatto un assegno circolare da 150.000 euro a titolo di risarcimento danni. Un tentativo, strategico in vista del calcolo della pena, che però ha trovato un muro.
L’avvocato Marco Ventura, che assiste i familiari di Boiocchi costituitisi parte civile, non ha usato mezzi termini davanti alla corte presieduta dal giudice Ilio Bertoja (a latere Fioretta): «La famiglia non è qui per il denaro, ma per accertare fino in fondo la verità su quanto accaduto».
I familiari restano dunque nel processo, decisi a guardare in faccia chi, secondo l’accusa, ha tradito e ucciso il loro congiunto per una mera questione di potere e soldi.
Gli imputati e la “guerra” della Nord
Alla sbarra, collegati in videoconferenza, ci sono i protagonisti di quella che la Dda di Milano, rappresentata dai pm Paolo Storari e Stefano Ammendola, ha ricostruito come una faida interna per il controllo degli affari di San Siro. Gli occhi erano puntati soprattutto su Andrea Beretta, l’ex capo ultrà , (nascosto di spalle) divenuto collaboratore di giustizia dopo l’arresto avvenuto nel 2024 per l’omicidio di Antonio Bellocco.
In questo caso il giudice ha riconosciuto alla famiglia Bellocco una provvisionale di 520mila euro a titolo di risarcimento, ma a fare gridare «allo scandalo» è stata la condanna a «soli di 10 anni carcere» per lo stesso Beretta.
Beretta ha già ammesso di essere stato il mandante dell’esecuzione di Boiocchi, pianificata per eliminare un rivale scomodo nella spartizione dei proventi di biglietti, parcheggi e merchandising.
Accanto alla sua posizione, quelle degli esecutori materiali e dei complici: oltre ai già citati Ferdico e Simoncini, figura Daniel D’Alessandro, estradato dalla Bulgaria e accusato di essere colui che ha premuto il grilletto della Luger calibro 9 quella sera in via Fratelli Zanzottera.
Il ruolo chiave di Mauro Nepi: il “banchiere” dell’agguato
Nel quadro accusatorio emerge con forza la posizione di Mauro Nepi, 43 anni (nella foto in basso ritratto primo da sinistra con Beretta e Ferdico) , considerato dagli inquirenti l’anello di congiunzione logistico ed economico del piano omicida, (*non presente inquanto stralciato e affronterà il giudizio in un procedimento a parte).
Secondo la ricostruzione della Procura, Nepi avrebbe avuto il ruolo fondamentale di intermediario finanziario: sarebbe stato lui a ricevere materialmente da Beretta la somma di 50.000 euro in contanti, denaro destinato a finanziare l’operazione e a retribuire i complici (i soldi sarebbero poi stati girati alla famiglia Ferdico).
Nepi non è un volto nuovo per la giustizia milanese: già coinvolto nella maxi-inchiesta sulle curve, lo scorso giugno 2025 è stato condannato a 4 anni di reclusione nel processo parallelo “Doppia Curva” per associazione a delinquere.
Secondo l’accusa, la sua centralità nelle dinamiche criminali che governavano il secondo anello verde, dove agiva seguendo le direttive del “direttivo” composto da Beretta e Ferdico.
Lo scenario
L’udienza di oggi, 10 dicembre 2025, segna un punto di non ritorno per la storia recente del tifo organizzato milanese. Quello che emerge dalle carte, e che il dibattimento dovrà ora cristallizzare, è un quadro criminale dove la passione sportiva era solo un paravento per logiche mafiose e affaristiche.
«Nessuna somma può colmare quel vuoto», ha commentato a margine dell’udienza anche l’avvocato Mirko Perlino, difensore di uno degli imputati, riconoscendo la drammaticità della frattura, pur nel tentativo di alleggerire la posizione dei suoi assistiti.
Il processo è stato aggiornato. La Corte d’Assise dovrà ora entrare nel vivo delle testimonianze, con l’audizione prevista dei collaboratori di giustizia che, con le loro rivelazioni, hanno fatto crollare il muro di omertà che per quasi tre anni ha protetto i segreti della Curva Nord.




















