Perché le scimmie antropomorfe quali scimpanzé, gorilla, bonobo e oranghi sebbene intelligenti e senzienti non parlano come noi uomini, dal momento che sono anch’esse dei Primati?
Il processo di evoluzione della nostra specie, che cominciò sette milioni di anni fa quando alcune di queste scimmie iniziarono ad evolversi trasformandosi prima in Ominidi, poi in Australopitechi, nell’Homo Habilis, Hergaster e Sapiens, ha favorito la nascita del linguaggio.
Gli studiosi sostengono che il primo essere vivente a parlare fu l’Homo Habilis, perché nei resti cranici ritrovati sono rimaste le impronte dell’area di Broca e di quella di Wernicke, due zone del cervello che servono a elaborare il linguaggio.
Ma facciamo un salto indietro nel tempo, visto che tutto partì un bel po’ prima, ovvero quando noi diventammo bipedi, fatto che comportò l’assunzione della posizione verticale della nostra testa e della colonna vertebrale, postura questa, come voi ricorderete, che fece sviluppare la scatola cranica, le dimensioni del cervello e la corteccia cerebrale, sede delle facoltà superiori quali la memoria, la comunicazione e la progettazione.
A ciò dobbiamo inoltre aggiungere che il cambio della postura favorì il graduale spostamento della laringe, che originariamente si trovava all’altezza della gola come quella delle grandi scimmie, ma che col tempo scese alla base del collo permettendoci di comunicare in modo nuovo. Per ottenere questo posizionamento, partendo dagli Ominidi che eravamo, occorsero ovviamente milioni di anni, anni durante i quali usammo come gli altri animali, versi e segni per comunicare tra di noi. Perché vi ho raccontato tutto ciò, vi starete domandando, visto che non sono un’esperta del settore? Perché, visti il tempo e la fatica che ci abbiamo messo a parlare, voglio sottolineare quanto importante sia usare le parole. Tramite il parlato e naturalmente lo scritto, possiamo esprimere idee astratte, rivelare i nostri sentimenti, possiamo persuadere, ingannare, aiutare chi ci ascolta, fare battute con gli amici, sviare i nemici, raccontare storie. Più parole si sanno e più si è in grado di comunicare meglio col prossimo. Ma è ancora così oggi? Personalmente ritengo di no.
Oggi c’è uno scadimento e un impoverimento del linguaggio, un perdersi delle parole della nostra magnifica e melodiosa lingua: l’italiano, da mettersi, come si dice, le mani nei capelli.
Attualmente l’impoverimento lessicale comincia molto presto, sui banchi di scuola; leggete a questo proposito cosa afferma il filoso Umberto Galimberti:
“Questi ragazzi bisogna educarli al sentimento per evitare l’analfabetismo emotivo: la base emotiva è fondamentale per distinguere tra bene e male, tra cosa è grave e cosa non lo è. E bisogna farli parlare in classe. Il linguaggio si è impoverito. Si stima che un ginnasiale, nel 1976, conoscesse 1600 parole, oggi non più di 500. Numeri che si legano alla diminuzione del pensiero, perché non si può pensare al di là delle parole che conosciamo. E la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero”.
Certo l’uso degli sms non aiuta, visto che la fretta di comunicare resetta il nostro vocabolario. Si sa ormai da indagini statistiche, che c’è sempre meno gente in grado di capire un articolo di giornale scritto come dio comanda, che si pubblicano libri che invece per adulti sembrano riservati ai piccolissimi, tanto il linguaggio è appiattito e povero; e poi ci si lamenta se in Italia si legge poco, ma d’altronde cosa si pretende?
La gente che ama leggere, seppur per diletto, ha delle esigenze, e non si possono offrire loro, per esempio, romanzi composti da parole elementari e ridotte all’osso, da frasi minime prive di avverbi e di begli aggettivi scelti ad hoc, testi dove il punto e virgola è stato messo al bando perché ultimamente è ritenuto obsoleto.
Insomma, ciò che voglio supportare con questo mio articolo, è la qualità del linguaggio parlato e quella della scrittura, e siccome essi si evolveranno comunque nel tempo (oggi non parliamo né scriviamo certo come ai tempi di Dante, Petrarca o Boccaccio), dobbiamo comunque fare in modo che a quelli che verranno rimanga in tutta la sua ricchezza la nostra bellissima lingua; vorremo mica che accada quanto previsto dal geniale Ray Bradbury in Fahrenheit 451 in cui leggere o possedere libri è reato o per assurdo addirittura tornare indietro ed esprimerci a gesti?
I miei romanzi storici li trovate nelle librerie, nei bookshop on line e nelle biblioteche.
a cura di Luciana Benotto