Quando insegnavo mi è capitato di sentire studenti che si chiedevano perché mai dovessero studiare le materie letterarie: “Tanto a cosa servono? Cosa ci guadagniamo a conoscere la vita di questo o quell’autore e le cose che hanno scritto? Oggi sono le materie scientifiche che debbono essere studiate, l’informatica, e bla bla bla, perché quelle portano soldi”.
Un ragionamento di questo genere, è certo di carattere molto pratico, ma onestamente un tantino gretto e arido dal mio punto di vista; ma d’altronde, è questo che la società attuale vuole: soldi, soldi, soldi. Chi non se li fa è fuori. Questo è il messaggio che passa, ma che uomini saranno questi ragazzi che misurano tutto col metro dell’arrivismo e del denaro? Un metro che è poi una pia illusione, visto che oggi, a differenza di un tempo, i giovani vivono coi genitori ben oltre il tempo massimo perché non hanno uno stipendio degno di questo nome e hanno lavori precari che difficilmente permettono loro di formare una famiglia.
La situazione economica è poi peggiorata dopo il covid, moderna pestilenza che ha creato anche tanti problemi psicologici dovuti alla segregazione proprio nel momento dell’esistenza in cui un ragazzo ha bisogno di stare col gruppo. Se questi adolescenti avessero invece avuto l’aiuto di qualche romanzo, e non solo quello dello scrollare le immagini sul telefonino, forse le cose sarebbero andate meno peggio.
Perché lo affermo? Ma perché leggere storie apre la porta ai sentimenti: all’amore, al dolore, alla noia, alla gioia, alla malinconia, al buonumore, allo sdegno, alla speranza e via dicendo, che sono propri degli uomini; pertanto la letteratura ci fa sentire meno soli e magari ci permette di trovare soluzioni, oltre che svago.
Quindi, a mio modesto parere, bisogna riempire le scuole di libri e non di computer che non consentono nessuna sentimentale, bisogna imparare a frequentare le biblioteche e le librerie; bisogna però anche imparare ad orientarsi tra i libri, ad esempio io non amo quelli che chiamo – libri sms – perché non li ritengo letteratura, perché la letteratura ha bisogno di parole, di discorsi, di ragionamenti che non possono esaurirsi in frasi minime che creano una pagina singhiozzante, tanti sono i punti fermi. Una volta la letteratura era legata all’etica, alla morale, faceva sentire umani i lettori, che potevano rispecchiarsi nelle vicende raccontate.
Pensiamo ai grandi scrittori, quelli che non lesinavano sulle parole e che in tal modo ci facevano ragionare, ci facevano palpitare, sognare. Mi viene in mente Umberto Eco, che con la sua ironia è stato un modello morale: i suoi personaggi, ad esempio, hanno mostrato che gli esseri umani sono fallaci; insomma, scrivere è un’arte, un’arte che rispecchia l’anima delle persone. Ma oggi, i giovani posso rispecchiarsi nei libri scritti con l’IA?
L’Intelligenza Artificiale, sebbene abbia in sé qualcosa di magico, non può essere un modello morale, perché non ha anima, non ha consapevolezza di sé e dei propri limiti; in sostanza, quello che voglio dire ai giovani e, in fondo, anche a tutti noi, è che bisogna imparare e reimparare a leggere libri, soprattutto i buoni libri, quelli che ci permettono di appropriarci e riappropriarci del linguaggio.
A tal proposito, il celebre studioso e linguista Tullio de Mauro sosteneva che il 70% degli italiani non capisce ciò che legge e che l’80% non sa usare le informazioni, e tutto ciò ha creato quello che lui definiva – analfabetismo funzionale – ovvero l’incapacità di comprendere, interpretare e saper utilizzare ciò che si legge, e perdere questa capacità significa che la società non potrà progredire. Fateci un pensierino.
A Natale regalatevi e regalate i miei romanzi storici.






















