― pubblicità ―

Dall'archivio:

Pensieri Talebani- Giorgia Meloni alla Cgil? Allora non leggevate Gaetano Rasi…

+ Segui Ticino Notizie

Ricevi le notizie prima di tutti e rimani aggiornato su quello che offre il territorio in cui vivi.

Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Che Giorgia Meloni si sia trovata a suo agio dinanzi alla platea rossa della Cgil fino a riceverne gli applausi è un fatto indiscutibile. Ma sbaglia chi crede che sia solo una questione di coraggio, forza di carattere o esperienza maturata in tanti anni di militanza politica. Non si tratta solo di “mestiere”, mero dovere istituzionale o di una sorta di identificazione per via delle “umili” origini, che la premier spesso rimarca. È molto di più.

L’attenzione al mondo del lavoro e la sensibilità per i lavoratori sono da sempre nel patrimonio genetico della destra nazionale e sociale italiana, da cui la Meloni proviene. La destra italiana, dal Msi a Fdi, passando per An, non è mai stata ultra-liberista, filo-capitalista, classista e “proprietaria”, come la pubblicistica di sinistra ha sempre fatto credere dipingendo in tal modo una generica “destra” per meglio definire il carattere socialista, egalitario e collettivista della sinistra stessa. La destra ha sempre conosciuto una irriducibile componente “sociale”, che non a caso caratterizzava il vecchio Msi già dalla denominazione e che continua ad animare il dibattito interno a FdI.

Msi e il tema del lavoro
Per tutto il dopoguerra il Msi portò avanti il tema della valorizzazione del lavoro in nome della “terza via”, che nella partecipazione, integrazione e cogestione dei lavoratori vedeva il superamento tanto dell’individualismo liberal-capitalista del blocco americano quanto del collettivismo liberticida del comunismo sovietico. Queste radici comunitariste e partecipative, che in fondo marcano la differenza rispetto alle altre forze politiche di centrodestra, a iniziare da Fi, la destra italiana non le ha mai smarrite. Esse sono espressione di una visione sociale della vita e del mondo che si richiama all’“umanesimo del lavoro”, il testamento politico di Giovanni Gentile che, in polemica con Croce, oltrepassava ogni distinzione intellettualistica tra lavoro manuale e intellettuale, tra lavoro e cultura. Era l’interesse nazionale, secondo Gentile, a convogliare le diverse specializzazioni verso la costruzione di una società civile che fosse espressione della “volontà differenziata” nello Stato-nazione.

L’esperienza della rivista di Gaetano Rasi
La faziosità delle oligarchie dominanti e la pavidità della cultura ufficiale hanno reso marginali esperienze importanti come quella dell’Istituto di Studi Corporativi, fondato nel 1972 da Gaetano Rasi e che per vent’anni ha animato il dibattito, per lo più interno alla destra, sulla necessità del superamento della lotta di classe per mezzo di una riforma in senso partecipativo. A quella battaglia politico-culturale si unirono, negli anni, intellettuali, professori universitari e politici come Romualdi, Massi, Accame, Niccolai, Siena, Curcio, Tripodi, Valensise e altri, ma anche riviste come “Cantiere”, “L’Orologio” e “Rivolta Ideale”. Non a caso a destra esiste, sin dal 1950, un grande sindacato nazionale, la Cisnal, oggi Ugl, che ha sempre affiancato e supportato la proposta programmatica del partito. Ispirata all’ideale della nazione come appartenenza interclassista, il sindacato della destra, per mezzo dei suoi più influenti rappresentanti, come Landi, Roberti e Laghi, fu tra i primi a denunciare la deriva della globalizzazione e l’incontrastato dominio della finanza e del mercato attuali.

“Stato e partecipazione”
L’eredità dell’idea partecipativa è oggi raccolta dall’Istituto Stato e Partecipazione di Roma, nato un paio d’anni fa intorno all’esigenza di sostituire alle agenzie di rating, al freddo razionalismo, alla decadenza culturale e all’homo oeconomicus l’idea di Patria, intesa come sviluppo massimo delle potenzialità della nazione.

La destra nazionale e sociale è l’unico soggetto politico a farsi portatore di un rapporto nuovo nel lavoro, che riparta dall’uomo, dall’essenzialità del suo apporto creativo perché spirituale e del suo essere soggetto attivo del processo produttivo. Un’idea semplice ma dirompente, in grado di soppiantare lo strumentalismo salvifico del sindacalismo di sinistra, ancora fermo al dualismo concettuale ottocentesco tra capitalista e proletario, imprenditore e lavoratore, proprietario e non proprietario.

L’articolo 46 della carta
I tempi sono maturi per far nascere dalla partecipazione, nelle forme sempre possibili della cogestione, autogestione e codeterminazione, una democrazia “organica” quale unica via per il definitivo superamento di quella democrazia “industriale” che ha sin qui ignorato la necessità di assegnare all’uomo il ruolo di soggetto protagonista per quello che egli è e fa.

Una sfida che Giorgia Meloni, forte proprio della disponibilità alla collaborazione da parte dei sindacati e del mondo del lavoro, farebbe bene a riprendere con forza e determinazione, per il bene dell’Italia.

@barbadilloit e da www.talebano.com

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

■ Prima Pagina di Oggi