La triste vicenda di Alfie, il bimbo colpito da una malattia neurodegenerativa condannato a morte da una sentenza giuridica ha scosso il cuore e la coscienza di tutti noi. È la perfida Albione che ha colpito ancora, in nome del “best interest”, il migliore interesse del paziente. Scienza e diritto (nel più puro senso giuridico) si pongono come pionieri della verità e decretano. Scienza e diritto, due sistemi che vivono di regole, numeri, norme, paletti e misure stabiliscono il “best interest”, non la famiglia, che di fatto viene ancora una volta esautorata e messa all’angolo.
Ma quali sono gli indici con il quale questo “best interest” viene calcolato?
Si parla di SOFFERENZA. Ebbene, la sofferenza non è misurabile. La scienza non può stabilire quanto davvero una persona stia soffrendo. Può intuirlo a volte, ma non potrà mai misurarlo. Non può, di fatto, stabilire un limite.
Si parla di MORTE CERTA. È bene sottolineare che, ad esempio, idratazione e nutrizione non sono accanimento terapeutico ma accompagnano alla morte – esattamente come si sarebbe potuto fare in Italia. Ma la sentenza ha deciso: quella vita non era degna di essere vissuta. Via tutte le macchine, via Alfie in 15 minuti. Ed ecco che lui ci dimostra quanto la Scienza possa essere fallimentare: a dispetto di tutti, ha continuato a respirare per 4 giorni. Passando ore e ore senza nutrizione.
Con finta naturalezza, volevano portarci a credere che la Scienza (anche giuridica) sia sopra ogni cosa. Alfie, con la sua tenacia, ci ha mostrato quanto la vita possa essere misteriosa, non comprensibile, non misurabile. Alfie e i suoi genitori, in 23 mesi, sono riusciti a creare una catena d’amore che ha sfidato anche i più accaniti fan del fine morte.
È stata una vita degna di essere vissuta.
Stefania Bonfiglio