“A settembre donero’ un rene”. Diretto, sicuro. Il 21 luglio Francesco Nucera, soccorritore volontario del 118, ha digitato sui social che si privera’ di una parte del corpo per aiutare suo fratello a stare meglio. “Ho scelto di dirlo a piu’ persone possibile non per essere elogiato o perche’ abbia bisogno di incoraggiamenti – racconta all’AGI -.
Non ho nessun dubbio. Quello che sto facendo lo considero un gesto normalissimo. L’ho detto perche’ mi sono reso conto, durante l’anno di percorso al San Matteo di Pavia per arrivare alla donazione, che sono pochissimi i trapiantati con donazione da vivente mentre sono tanti a credere, sbagliando, che chi da’ il rene poi non possa piu’ avere una vita normale”.
Francesco Nucera, milanese, ha 45 anni, una moglie e tre figli adolescenti, il fratello ne ha 52 e, a causa di una nefrite che gli e’ stata diagnosticata otto anni fa, senza trapianto andrebbe incontro rapidamente alla dialisi. Da quel 21 luglio, Nucera ha aggiornato sui social con riflessioni e informazioni le tappe di avvicinamento alla donazione, ricevendo gli incoraggiamenti anche di dirigenti sanitari che apprezzano lo sforzo di divulgare, presentandola come ‘normale’, la sua scelta. La data ancora non c’e’, ma c’e’ un aspetto che fin da ora lo intenerisce: “La notte prima dell’operazione dormiremo nella stessa stanza, come da bambini.
Sara’ strano dopo tanti decenni”. Il fatto di essere un soccorritore del 118 e’ stato uno sprone per Nucera: “Noi volontari, che li accompagniamo e ci parliamo, sosteniamo che i dializzati abbiano un brutto carattere. E certo, tre volte alla settimana stanno 4 ore alla volta a sottoporsi alla terapia, chi non sarebbe di pessimo umore? Mio fratello non era ancora in lista, ci sarebbe entrato tra poco ma, senza il mio aiuto, ragionevolmente si puo’ pensare che avrebbe aspettato due-tre anni il rene”.