Omicidio Maltesi, i Giudici: uccisa perché donna

Le motivazioni della Corte d'Appello

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Davide Fontana ha agito con “intento vendicativo” e con modalità che rivelano tuttavia la “canalizzazione verso la brutale violenza di genere”: Carol Maltesi è stata uccisa “per un costante filo rosso, quasi un denominatore comune di delitti omologhi e della stessa indole: perché non era un uomo, ma una donna”.

È quanto si legge nelle 96 pagine delle motivazioni della Corte d’Appello di Milano, depositate dopo la sentenza nei confronti del bancario di 45 anni, accusato di aver ucciso la ex fidanzata Carol Maltesi, l’11 gennaio del 2022 a Rescaldina, in provincia di Milano. Fontana è stato condannato all’ergastolo in Appello dopo la condanna a 30 anni in primo grado.”L’imputato – si legge nel testo – non ha mai avuto difficoltà nel rappresentarsi che l’ostacolo alla prosecuzione dell’amicizia con Carol Maltesi non era la sua professione”, ma il fatto che la 26enne avesse allacciato una nuova storia con un altro uomo. I giudici hanno riconosciuto e confermato le aggravanti della “crudeltà” e della “premeditazione”, escluse in primo grado.

Sono state le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, escluse in primo grado e riconosciute dalla Corte d’Assise d’appello (giudici togati Caputo-Anelli), a portare la pena di Fontana, come chiesto anche dal sostituto pg Massimo Gaballo, all’ergastolo. Il bancario, reo confesso, uccise l’ex fidanzata nella sua abitazione a Rescaldina, nel Milanese, colpendola con 13 martellate alla testa e poi sgozzandola. Dopo il delitto, fece a pezzi il corpo e per oltre due mesi ne conservò i resti in un congelatore. Non riuscendo a liberarsene bruciandoli, decise di abbandonarli dentro ad alcuni sacchi in una discarica a cielo aperto nel Bresciano. Venne arrestato a fine marzo di due anni fa.

La 26enne si occupava della realizzazione di contenuti per la piattaforma Onlyfans. Il giorno dell’omicidio, lei e il bancario si erano incontrati proprio per girare insieme un video, nel quale lei doveva apparire legata e con un cappuccio sulla testa, e che era stato commissionato da Fontana tramite un profilo falso. Realizzando quel filmato lui la uccise, ebbe “l’opportunità per l’attuazione” del delitto che aveva già “preordinato”, secondo la Corte, dopo aver “carpito” alla vittima il consenso “di porsi in una condizione di passività assoluta”, “inerme, in balia dell’altrui violenza senza poter reagire, difendersi, urlare, chiedere soccorso”.

La Corte non ha riconosciuto le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti, come avvenuto invece in primo grado, cosa che avrebbe portato comunque sotto l’ergastolo la pena per Fontana, autore di una “brutale violenza di genere”, si legge ancora. Invece di lasciare “andare” la donna o di impegnarsi “a coltivare e a valorizzare il legame con lei”, scrivono i giudici, il bancario ha scatenato la sua “furia omicida verso un fin troppo facile ed inerme bersaglio”.

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