Omicidio Chiara Poggi: i Ris ricostruiscono la scena del delitto in 3D, nessun secondo assassino

Si continua a dibattere a Pavia, in aula il 26

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Nessuna traccia di un secondo assassino. È la conclusione a cui giunge la consulenza tecnica depositata oggi in Procura a Pavia dal comandante dei Ris di Cagliari, tenente colonnello Andrea Berti, nell’ambito delle nuove indagini sull’omicidio di Chiara Poggi. Trecento pagine di analisi e ricostruzioni che, grazie alle tecnologie più avanzate, ripercorrono in dettaglio la dinamica del crimine avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, per il quale l’allora fidanzato della giovane, Alberto Stasi, sta scontando una condanna definitiva a 16 anni di carcere.

Il 9 giugno scorso i carabinieri del Ris hanno trascorso l’intera giornata all’interno della villetta di via Pascoli, dove ancora vivono i genitori di Chiara, per realizzare una ricostruzione tridimensionale della scena del delitto, avvalendosi anche di droni. L’indagine si è concentrata in particolare sull’analisi delle macchie di sangue attraverso la tecnica della Bloodstain Pattern Analysis (Bpa). Un lavoro lungo e minuzioso che, secondo le conclusioni, non avrebbe rivelato elementi compatibili con la presenza di una seconda persona, ipotesi che in passato aveva portato la Procura di Pavia a indagare Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, per concorso in omicidio.

Il tenente colonnello Berti ha discusso per oltre due ore con i magistrati, chiarendo che la consulenza non modifica l’impianto investigativo originario: l’assassino sarebbe stato uno solo. A questo lavoro sarà ora affiancata la consulenza della dottoressa Cristina Cattaneo, incaricata dalla Procura di rivalutare alcuni aspetti dell’omicidio, tra cui il tipo di arma utilizzata, il numero delle lesioni inflitte e la possibile partecipazione di più persone.

Parallelamente restano aperti gli accertamenti della Polizia scientifica sulle impronte rinvenute su alcuni sacchetti di rifiuti sequestrati la mattina del delitto. Si tratta di otto tracce parziali: sei individuate su un sacchetto contenente cereali e due su un altro sacchetto di immondizia. Elementi che, a 18 anni dal delitto, si aggiungono al complesso mosaico probatorio, senza però, allo stato, aver modificato la verità giudiziaria che ha condannato Stasi.

All’inizio di settembre, nel corso di un incidente probatorio negli uffici della Questura di Milano, il perito dattiloscopico Domenico Marchegiani e la genetista Denise Albani hanno rintracciato queste otto impronte latenti, non sugli imballaggi di bevande o biscotti come ipotizzato in un primo momento, ma proprio sui due sacchetti di plastica. Per stabilirne la reale utilizzabilità occorreranno ulteriori verifiche. Entrambi i consulenti hanno chiesto una proroga, ritenendo insufficienti i 90 giorni stabiliti a partire dal 17 giugno per completare accertamenti di natura irripetibile.

La giudice di Pavia, Daniela Garlaschelli, ha convocato le parti processuali per il prossimo 26 settembre al fine di fare il punto sulla situazione. La discussione finale dei risultati scientifici davanti al giudice è invece prevista per il 24 ottobre, data in cui si dovrebbero tirare le conclusioni di questa nuova fase di indagini.

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