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Olindo e Rosa, la difesa: pronti due nuovi testimoni

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MILANO – La difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba, quando depositerà istanza di revisione del processo presenterà “più di un nuovo testimone”.

Lo ha spiegato all’ANSA l’avvocato Fabio Schembi, legale della coppia insieme a Nico D’Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello. Uno “mai sentito all’epoca dei fatti” è un uomo che “risiedeva nella casa della strage, poi arrestato per traffico internazionale di stupefacenti che faceva parte dei fratelli di Azouz” Marzouk, il marito di Raffaella Campagna, una delle quattro persone uccise l’11 dicembre 2006, fra cui il figlio di due anni Youssef. “Ha riferito di una faida con un gruppo rivale, nella quale anche lui è stato ferito con un’arma da taglio” e inoltre ha detto che la casa della strage “era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del mercato e il posto dove erano depositati gli incassi”. Altro testimone, ha aggiunto l’avvocato, è “un ex carabiniere che riferisce delle indagini e delle parte mancanti del 50% dei momenti topici delle intercettazioni”.

“Ogni singolo elemento di prova non regge e ora i nuovi elementi raccolti vanno a intaccare la condanna” spiega Schembri all’Adnkronos. I legali ripropongono testimonianze, verbali, rilievi, audio e video da sempre presenti nell’inchiesta, ma a loro dire, mai davvero analizzati, valorizzati o compresi fino in fondo. Si parte dal ricostruire le versioni di Frigerio che passa dal non ricordare, a offrire l’identikit di uno sconosciuto con la pelle olivastra per poi puntare il dito sul noto vicino di casa. Una memoria falsata, così come “false”, indotte, sono le confessioni di Olindo e Rosa. Nella corposa documentazione dei legali c’è un paragrafo dedicato alle intercettazioni ‘scomparse’ in ospedale e a casa dei coniugi Romano, così come viene messe in discussione, la “genuinità” della macchia di sangue di Valeria Cherubini sul battitacco dell’auto di Olindo. Non convince il modo in cui è stata repertata, così come il risultato. Se su quella traccia ematica finora la difesa ha fatto un atto di fede, ora fa marcia indietro: quella traccia non esiste, “è una suggestione ottica”. Ma soprattutto stupisce che in quella ‘mattanza’, in quel “bagno di sangue”, i due condannati siano riusciti a non lasciare alcuna loro traccia in casa delle vittime e a non ‘portare’ alcuna traccia nella loro abitazione. In discussione c’è anche la dinamica della morte della Cherubini, che lascia supporre che gli aggressori siano ancora presenti all’arrivo dei primi soccorritori accorsi per spegnere le fiamme. E nella lunga controinchiesta ritornano gli elementi distrutti dopo la sentenza definitiva (su cui la difesa aveva chiesto accertamenti). Le conclusioni dei legali – così come quelle che arriveranno dalla procura generale di Milano – dovranno superare un primo vaglio di ammissibilità da parte dei giudici di Brescia, solo dopo potrebbe essere fissata un’udienza per decidere se il caso va riaperto.

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