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NO al Reddito di Cittadinanza (2): una saggia considerazione di Giovanni Toti

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Sul tema del Reddito di Cittadinanza, dopo gli stralci dell’intervista a Matteo Renzi, pubblichiamo le considerazioni espresse ieri da Giovanni Toti sulla sua pagina Facebook.

Le parole del Premier Draghi, atte a rassicurare i Cinque Stelle sul reddito di cittadinanza dopo lo scontro sulla giustizia, offrono l’occasione per ragionare un po’ su questo strumento e magari, senza polemiche, riflettere sulle cose da cambiare, visto che così come è davvero funziona poco.
Anzi, da strumento di equità sociale, voluto per aiutare chi è in difficoltà, si è trasformato in un vero e proprio sussidio per molti che il lavoro neppure fingono di cercarlo.
In un Paese come il nostro, che per fortuna crescerà nei prossimi anni come non accadeva da molti lustri, uno dei primi problemi sarà la manodopera. Già oggi se ne intravedono i primi guai: basta andare in giro per le località turistiche, come la mia Liguria, per raccogliere la difficoltà di molti imprenditori a trovare manodopera stagionale: camerieri, baristi, personale di hotel, cuochi, altre professionalità. E d’altra parte, senza voler fare del populismo, sembra a molti più conveniente continuare a recepire tutto l’anno il sussidio, piuttosto che lavorare alcuni mesi e rischiare di perderlo.
Stessa cosa vale per altre professioni che scarseggiano: nei prossimi mesi, visti gli investimenti sulla digitalizzazione, sulla transizione ecologica, sui carburanti green, sul turismo, sulla rigenerazione delle nostre città, avremo bisogno di tante persone esperte in lavori che già oggi scarseggiano. Basti pensare agli esperti informatici e ai programmatori.
Questa è la seconda stortura del reddito di cittadinanza: riceverlo non è collegato obbligatoriamente alla frequentazione di corsi di formazione nelle specialità che più serviranno al Paese. Frequentare lezioni e magari stage aziendali collegati deve essere un obbligo per chi viene aiutato con soldi pubblici. Non può accadere che chi percepisce il reddito di cittadinanza se la cavi con qualche saltuaria visita al centro per l’impiego, nella speranza che un lavoro non glielo abbiano trovato. Come del resto accade spesso.
Terzo punto strettamente connesso: in Italia esistono molti modi per aiutare chi perde il lavoro o chi deve trovarlo. Solo di casse integrazioni ne abbiamo una manciata di tipologie: ordinaria, straordinaria, in deroga. E abbiamo lavoratori con diritti diversi: se lavori in una grande azienda con contratto a tempo determinato, in caso di crisi, scatta la cassa integrazione. Se lavori come commesso in un negozio, più o meno te la puoi scordare. Se lavori a partita Iva oppure come collaboratore, se la attività chiude, ciaone, te la devi cavare da solo. Se poi sei un artigiano o un piccolissimo imprenditore, se le cose vanno male, non ti aiuta proprio nessuno.
Allora riformiamo davvero il reddito di cittadinanza, cambiando questo sistema che crea diritti diversi e uguale ingiustizia: un unico tipo di ammortizzatore sociale per ogni cittadino italiano, quale che sia l’impresa per cui lavora e il suo ruolo. Quale che sia il suo contratto. E per prendere questo sussidio, frequenza obbligatoria a corsi di formazione e stage aziendali. E sospensione dello stesso anche per lavori stagionali: se uno lavora quattro mesi, per quei quattro mesi prende lo stipendio, poi, quando resterà a casa, ripartirà il reddito dello stato e allo stesso tempo la formazione per un nuovo lavoro.
Questo è uno strumento degno di una Repubblica fondata sul lavoro. Questo vorremmo che facesse il Governo Draghi.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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