Morta per intervento dimagrante a Milano, imputazione coatta per chirurgo

Disposta dal Gip di Milano

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Il gip di Milano, Alberto Carboni, ha disposto l’imputazione coatta per un chirurgo dell’ospedale Humanitas di Rozzano, indagato per omicidio colposo e responsabilità medica colposa, nel caso del decesso di Anna Giugliano, la 28enne morta il 21 marzo 2023, 13 giorni dopo essere stata sottoposta a un intervento per dimagrire e aver lamentato nei giorni successivi all’intervento forti dolori addominali e febbre alta.

Per il gip, che ha respinto la richiesta di archiviazione della Procura e ordinato di formulare l’imputazione entro “10 giorni”, lo specialista 34enne avrebbe tenuto una “condotta non soltanto contraria alle linee guida medico-sanitarie” ma anche “potenzialmente dotata” di un nesso causale con la morte. In particolare al chirurgo viene contestato di aver raccomandato solo “l’assunzione di tachipirina” quando il 18 marzo la ragazza gli scrisse una mail lamentando un “persistente stato febbrile”, esploso la sera del 19 marzo quando Giugliano è stata trasportata d’urgenza al pronto soccorso per uno shock settico ed è stata sottoposta a tre interventi chirurgici in poche ore, anche dagli stessi medici, per morire 48 ore dopo. Nel “consenso informato firmato dalla paziente”, argomenta il gip nel provvedimento, si legge che “in caso di febbre elevata, la procedura corretta da seguire sarebbe stata non già assumere paracetamolo” ma tornare “assolutamente nel centro dove si è stati operati” per procedere ad accertamenti.

L’indagato, assistito dall’avvocata Carla Zucco del foro di Novara, avrebbe tenuto un comportamento “gravemente imperito e negligente”, scrive il giudice respingendo, per la seconda volta in pochi mesi, la richiesta dei pm di archiviare il fascicolo. Anche alla luce del fatto che già il 16 marzo Giugliano, contattata da personale dell’ospedale per il follow up, avrebbe lamentato un “significativo stato febbrile” in corso da almeno 24 ore. È stata invece disposta l’archiviazione per un secondo dottore 47enne, firmatario della lettera di dimissioni dall’ospedale. Non esisterebbe infatti una “normativa nazionale che definisca parametri standard” di questi documenti. Il giudice ha anche considerato che le “informazioni” rilevanti per la paziente “erano stato fornite appena tre settimane prima” dal collega nel consenso informato e la donna era al corrente delle “possibili complicanze”. Nel procedimento sono persone offese i parenti della vittima con gli avvocati Simone Ciro, Aniello Giugliano e Simone Pesce.

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